Parafrasando il  titolo di una vecchia canzone del grande Jannacci, oggi voglio parlare di una mia vecchia passione che mi coinvolge da quando ero ancora adolescente e giravo per boschi e campagne ricercando funghi ed erbe commestibili. La passione ha un nome difficile e a molti sconosciuto: Alimurgia.

La parola venne creata da uno studioso italiano e dalla  sua intensa attività di scienziato. Il suo nome non è noto a tutti, ma Giovanni Targioni Tozzetti è stato un medico e naturalista italiano, capostipite di una famiglia di studiosi la cui opera  fu basilare allo sviluppo scientifico ed economico della Toscana.

Alimurgia: ovvero  raccogliere e cibarsi di erbe spontanee, selvatiche, che possono essere mangiate e, cosa non meno importante,  erbe che possono essere utilissime dal punto di vista salutistico.

Direi che in un periodo  pandemico come quello attuale, che richiede una risposta immunitaria efficiente e potente, la cosa riveste una certa importanza.

Certo  si deve avere la fortuna di vivere  in un Paese che non abbia attuato un lockdown alla cinese, con arresti domiciliari che impediscono ogni attività, e che permetta sane e sicurissime passeggiate dove il pericolo contagio e diffusione virale è pari a zero.

Ma dove questo non sia un problema, la pratica della raccolta di erbe edibili conosciute  è largamente da consigliare.

Questo richiede studio, pratica, conoscenza dei territori, esperienza e grande buon senso. Non ci si improvvisa  raccoglitori di erbe, di funghi e altri frutti leggendo Wikipedia o  guardando due foto su una bella rivista che segue le mode del momento. Serve impegno sul campo che duri  anni prima  che  si possa affinare una conoscenza profonda di ciò che si metterà in bocca. Molte erbe, così come molti funghi, bacche e altri vegetali possono essere  molto pericolosi,  anzi alcuni proprio letali.

Ma come in tutte le situazioni naturali e  vegetali vi sono delle eccezioni.

Tra queste  vi è un’erba  sulla natura della quale sbagliarsi direi sia quasi impossibile: l’umile e fortissima ortica.

Basta un dito con il quale sfiorarla e lei si svela in tutto il suo carattere aggressivo: un  bruciore immediato, senza alcun dubbio urticante.

Il suo nome deriva dal latino  urere che significa bruciare, un bruciare causato dai  peli urticanti dell’ortica  che sono sulle foglie e sul fusto e che contengono istamina (1%) e acetilcolina (0,2%-1%), sostanze prodotte anche dal nostro organismo, che si attivano come trasmettitori degli impulsi nervosi del sistema neurovegetativo e fanno percepire un bruciore intenso e immediato.

Ma l’ortica tanto è “bruciante”  da viva, tanto è buona e benefica quando  ce ne possiamo cibare da cotta. Per citare brevemente; è ricca  di acido folico e ferro, è utilizzata in caso di anemia, artrite, cistite e diarrea. In epoca romana veniva anche usata per  “salubri” fustigazioni  esterne – urticazioni locali ad azione antinfiammatoria  praticate sull’articolazione dolorante -. Io sconsiglierei questa  antica pratica che viaggia sulla sottile linea sadismo- masochismo…

La temperatura  di bollitura  comunque  disattiva  e distrugge in pochi minuti  i peli urticanti e il loro contenuto,  rendendo questa erba squisita per risotti, frittate, zuppe o tal quale condita con olio evo, sale aceto e pepe.

In questa stagione l’ortica è appena spuntata. È tenera e la sua potenza salutare è alle stelle.

Basta armarsi di guanti da cucina in gomma – il lattice potrebbe essere troppo debole contro i peli urticanti – e raccogliere i capolini,  diciamo i primi 8 centimetri della pianta. Va cercata e trovata  in un luogo sano, lontano da strade polverose o trafficate, lontano da coltivazioni intensive in corso, insomma usando il buon senso.

Una volta raccolta si arriva a casa e la si lava con acqua fredda abbondante, sempre usando i guanti, sia chiaro. Poi sbollentata per pochi minuti in acqua  o al vapore se la si vuole più intensa negli aromi.  Poi vedete voi se optare per il  risotto o altro.

Quindi con l’ortica tutti si possono cimentare  nella raccolta e nella cucina senza paura di  fare errori botanici.

Solo due info in chiusura per  chiarezza e per aggiungere attenzioni  necessarie. 

La prima. L’assunzione dell’ortica in quantità abbondanti è sconsigliata durante la gravidanza perché stimola la motilità uterina.  La pianta  ricoperta dalla famosa  peluria urticante può causare allergia e irritazioni  molto fastidiose su pelli sensibili. Infine per  le  sue proprietà diuretiche se ne sconsiglia l’uso in concomitanza con  i farmaci diuretici.

La seconda: l’ortica ha un’unica erba che le assomiglia fortemente, pur essendo di famiglia completamente diversa:  il Lamio, detto anche la falsa ortica purpurea, per i suoi splendidi fiori. Le foglie del Lamio sono  molto simili a quelle dell’ortica. Ma nessun problema,  sono anche loro commestibili  se consumate in quantità limitata e sono prive di qualsiasi sostanza urticante. Perciò avanti nella raccolta…  se potrete. E come diceva Enzo … faceva il palo perchè l’era al su mester.

Photo by Paul M on Unsplash

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Vive in Austria, a Vienna, dal 2014. Studia, scrive e collabora con le sue “ragazze ronzanti” che volano e producono mieli nelle foreste viennesi. Api-cultore, mielosofo, amante della Sapienza applicata al cibo. Libero pensatore nato a Mantova nel secolo scorso. Dice di se: “Vengo… non so da dove. Sono… non so chi. Muoio… non so quando. Vado…non so dove. Mi stupisco di essere lieto.
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