Eccomi a voi di nuovo, cari amici, per parlare di alcune peculiarità degli esseri vegetali viventi, in particolare degli alberi, che sono scarsamente conosciute, ma che una volta sapute sono certo vi faranno guardare un viale alberato cittadino di platani, tigli o aceri in modo completamente diverso da come avevate fatto sino a ieri.

Peter Wohlleben, uno dei più grandi esperti al mondo di alberi e foreste, chiama gli alberi giovani che ornano e abbelliscono i viali di una qualsiasi città nei nostri climi temperati “ragazzi vegetali di strada”. Proprio ad indicare come molti di questi alberi siano proprio quasi sempre dei “malati mentali vegetali”; immaturi e infantili anche quando abbiano raggiunto 30 o 50 anni di età, età che comunque per certe specie è ancora un’età veramente infantile, avendo i secoli come riferimento temporale – vedi faggi, querce, olmi, platani ecc.
Queste tipologie di piante hanno tutte estremo bisogno di piante nutrici, piante adulte che li possano far crescere ed educare in una comunità. Questa comunità si chiama bosco e solo nel bosco questi giovani alberi diciamo “sociali” trovano una sorta di affetto vegetale, cure e attenzioni da parte di altri alberi -patriarchi e matriarche – che li fanno crescere sani fisicamente e mentalmente.

Questo per quanto è stato dimostrato dalla neurobiologia vegetale, cioè che possano esistere menti vegetali sane ma anche menti vegetali malate e immature.

Questo processo educativo arboreo non accade mai nelle nostre città trafficate e asfaltate , dove la vita di queste specie arboree lungo un viale è veramente durissima. Per decine di motivi che vanno dalla compromessa crescita delle radici, in terra spesso dura e tra tubi di ogni tipo, e infine alla mancanza di loro simili adulti nelle vicinanze, cioè piante adulte di 100-200 anni con cui scambiare informazioni e ricevere cibo e protezione. Per questo la loro vita è quasi sempre una vita malata e breve, triste infine.

Ma oggi non vorrei soffermarmi su questi essere vegetali viventi ingabbiati in un viale di città a soffrire, ma sui loro simili verdi che se ne fregano della vita in comunità e che invece hanno una fretta matta di crescere, bruciando deliberatamente tempo e vita ma sempre e solo in solitudine. Cosa che permette loro grande diffusione nei territori e completo disinteresse verso comunità vegetali di loro simili che siano boschi o foreste.
Sono piante che fanno volare leggeri i loro semi molto lontano, usando i venti e le tempeste e quando questi semi atterrano in una zona arsa, brulla, desertica, hanno dalla loro l’arma vincente: la velocità di crescita e nessun bisogno di altri alberi della loro specie che facciano da tutori e insegnanti di vita.

Sono le cosiddette piante pioniere, che arrivano dove il bosco non esiste e lì bruciano rapidamente la loro esistenza nell’arco di 30-40 anni e poi schiattano.

Muoiono tra i funghi che le divorano e tempeste che le abbattono avendo i loro legni deboli, cresciuti in fretta e pieni di bolle d’aria. Questo dopo aver bruciato una quantità di energia immensa e recuperata dal sole, infine giocata tutta in pochi decenni di vita “spericolata”. Chi sono questi guerrieri vegetali solitari, così individualisti, spavaldi e veloci?

Tra questi per prima troviamo una pianta, un albero, molto amato dai giardinieri e dai poeti: la betulla.
La betulla brucia la sua vita in pochi decenni ed è una pianta pioniera dalla crescita velocissima e che usa strategie incredibili per difendersi da animali erbivori predatori, producendo una corteccia dura, secca e impregnata di oli immangiabili ed avendo poi nella sua corteccia la produzione di una sostanza bianca chiamata betullina, quella che colora di bianco i suoi tronchi e che la difende dal sole estivo bruciante usando appunto la sua tinta bianca che, si sa, è colore poco affine ai raggi solari che amano surriscaldare il nero. Questo principio attivo dal nome gentile “betullina” ha anche una potente azione antivirale e antibatterica, tanto da venir usata in farmacopea per produrre farmaci che curano malattie della nostra pelle umana. Eccola così la nostra betulla solitaria pronta alla conquista di nuovi territori senza bisogno di avere né amici, né aiutanti e né genitori protettivi.

Altra pianta che brucia la propria vita in pochi decenni e senza aiuti da altri vegetali imparentati è il pioppo tremulo dalle foglie argentate.

Si chiama tremulo proprio per il lungo peduncolo che fa ballare al vento le sue foglie che producono un suono particolare. In genere lo si pensa come una pianta timida che trema di paura come le sue foglie, ma è invece vero il contrario.
Siamo di fronte ad un guerriero dalla potenza energetica straordinaria le cui tremule foglie hanno la straordinaria capacità di effettuare la fotosintesi su tutti e due i lati della foglia e questo permette loro di produrre una quantità esagerata di energia e far crescere così questa pianta anche più velocemente delle stesse betulle, occupando grandi territori e riuscendo a diffondere le proprie radici con grande rapidità. Da queste poi nasceranno nel tempo cespugli che diverranno alberi futuri che potranno trovarsi anche molto distanti dalla pianta madre. Negli USA – nello Stato dello Utah – è stato studiato un pioppo tremulo, primigenio e poi morto,che nel corso di migliaia di anni si era espanso su una superficie di oltre 400.000 metri quadrati, dando vita a circa 40.000 nuovi fusti di pioppo. Incredibile vero?

Comunque tutto questo dispendio energetico nella crescita velocissima ha un prezzo molto alto: la vita breve sia dei singoli pioppi tremuli che delle betulle che finisce per esaurimento di energie bruciate in fretta. La pianta giunta a 30-40 anni non riesce più a nutrire i propri germogli che si diradano, creando zone assolate ai propri piedi che danno in questo modo energia a piante più lente – faggi, abeti bianchi, carpini – che in pochi anni soppianteranno in altezza gli scarsi 25 metri delle betulle e dei pioppi, decretandone la morte per mancanza di luce.

Bella storia vero? Chi troppo in fretta vuole infine nulla stringe!

Che poi non è così vero, perche il risultato finale è un successo nella diffusione vasta di queste specie di piante pioniere e infine la diffusione del bosco vero e proprio fatto di alberi centenari che le soppiantano. Ora chiudo il mio scritto, ma immagino che d’ora in poi guardare un pioppo, una betulla o un platano nevrotico in un viale di città non sarà più per voi tutti che mi avete letto sino a qui come era sino a ieri, e forse vi scapperà una carezza regalata alla corteccia di un platano triste del viale, uno di questi “ragazzi vegetali di strada” perenni infanti, o magari riuscirete a dare anche una pacca amichevole sulla pelle bianca della gioventù bruciata di una betulla o di un pioppo tremulo.

 

Photo by Romain Le Teuff on Unsplash

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Vive in Austria, a Vienna, dal 2014. Studia, scrive e collabora con le sue “ragazze ronzanti” che volano e producono mieli nelle foreste viennesi. Api-cultore, mielosofo, amante della Sapienza applicata al cibo. Libero pensatore nato a Mantova nel secolo scorso. Dice di se: “Vengo… non so da dove. Sono… non so chi. Muoio… non so quando. Vado…non so dove. Mi stupisco di essere lieto.
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