“Le grandi idee arrivano nel mondo con la dolcezza delle colombe. Forse, se ascoltiamo bene, udiremo tra il frastuono degli imperi e delle nazioni, un debole frullìo d’ali. Il dolce fremito della vita e della speranza.”

(Albert Camus)

 

 

Come inizio direi non male, il ricordo delle parole scritte sul fremito della vita da un grande scrittore come Camus. 

É in arrivo la Pasqua, anche in quest’anno certamente alquanto diverso da quelli trascorsi. Una Pasqua 2020 diversa dal solito rito primaverile tra il religioso risorgere e il profano agnello al forno e colomba al seguito. E se il primo quest’anno sarà molto difficile mangiarlo in allegra compagnia su un prato fiorito e assolato, data la tragedia virale, la seconda, la colomba, potremo trovarla in mille modi proposta negli Iper, che nonostante tutto rimangono aperti. Normale, farcita, artigianale, al burro o all’e.v.o. e chi più ne ha più ne metta. 

Ma qui sul Cavoloverde,come sempre cerco di fare, vorrei raccontarvi qualche storia sul come nacque la Colomba che oggi rallegra le Pasque dalla parte del dolce.

Inizio con un po’ di leggenda. 

Anche la Colomba, mettiamola in maiuscolo così per non confonderla con bianco volatile, ha, come il Panettone, le proprie leggende a cui far ricorso per darsi toni nobili.

Una delle più antiche fa risalire il dolce a forma di volatile all’assedio di Pavia del VI secolo d.c., assedio che ebbe come primo attore in armi il re Alboino, siamo in periodo Longobardo. Ad Alboino, in segno di pace, fu offerto un dolce a forma di Colomba che qualcuno afferma poi divenne dolce rinomato in quelle terre. Vero? Falso? Difficile dirlo.

Ma anni dopo furono Teodolinda e San Colombano – in nomen omen – a definire la venuta alla luce della dolce Colomba pasquale. Era il 612 d.c. e il santo abate Colombano, santo irlandese, arrivò in Italia con molti dei suo monaci al seguito. Fu accolto con grandi onori dalla regina longobarda Teodolinda che in suo onore organizzò un grande pranzo con decine di volatili ben arrostiti, molta cacciagione e litri di buon vino. Ma il Santo Colombano rifiutò tali leccornie e disse che, visto il periodo di quaresima, non potevano i suoi monaci, e lui stesso, super santo in vita, abbuffarsi di carne, a patto che questa carne non venisse da lui stesso benedetta.

Così fu. Il santo alzò la mano benedicente ed ecco avverarsi il miracolo: tutti gli uccelli arrostiti alla tavola si trasformarono,sotto gli occhi stupiti e spalancati della bella Teodolinda, in bianchi pani di farina e mandorle a forma di colombe. Erano nate le Colombe Pasquali. 

Ma anche in questo caso la domanda sorge spontanea: verità o bufala antica? Probabile la seconda.

Ma allora quale sarà la storia vera che ha dato vita a questo dolce? 

Bisogna arrivare ai primi del Novecento per capire come nacque la Colomba e arrivare ad un nome che a me, come mantovano, è particolarmente caro. Si tratta dell’artista, scrittore e giornalista Dino Villani che nacque a Nogara (VR) , ma che all’età di 8 anni si trasferì con la sua famiglia a Suzzara, provincia di Mantova e lì visse sin dopo i suoi trent’anni. Perciò una giovinezza e prima maturità tutte mantovane-suzzaresi. Villani si trasferì poi a Milano, ma non dimenticò mai la sua Suzzara. A Milano creò quella che oggi è una fiorente attività creativa: l’agenzia di Pubblicità Moderna, fatta di slogan e idee per promuovere i prodotti. 

Tra questi, lavorando in quegli anni anche alla Motta, Dino Villani ebbe l’idea di protrarre la lavorazione dei Panettoni oltre la stagione natalizia, per non lasciare le macchine ferme troppi mesi. Usando lo stesso impasto del Panettone modellò la forma che oggi tutti conosciamo e nacque così, nel 1944 l’attuale Colomba che tutti oggi conosciamo come dolce pasquale. Pochi anni dopo a Dino Villani e a Cesare Zavattini si dovrà la nascita del famoso concorso di bellezza Miss Italia. 

Quest’anno epidemico purtroppo la Colomba volerà un po’ bassa, ma avrà modo comunque di rallegrare e rasserenare animi provati, quindi… buona Pasqua e buona Colomba a tutti. 

  • Articoli
Vive in Austria, a Vienna, dal 2014. Studia, scrive e collabora con le sue “ragazze ronzanti” che volano e producono mieli nelle foreste viennesi. Api-cultore, mielosofo, amante della Sapienza applicata al cibo. Libero pensatore nato a Mantova nel secolo scorso. Dice di se: “Vengo… non so da dove. Sono… non so chi. Muoio… non so quando. Vado…non so dove. Mi stupisco di essere lieto.
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    Il tema con cui iniziare le mie righe questa volta, per tutti i lettori vecchi e nuovi del Cavoloverde.it, è da me più che amato: scriverò una volta ancora di mieli e in parte di api…

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  • DIFFONDERE BIODIVERSITA’? AZIONI UTILI

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  • Oryza sativa . Ancora sor-risi

    Ne avevo già scritto tempo fa qui sul Cavoloverde, ma il discorso sui risi merita ancora qualche racconto interessante…

  • IL RISO ABBONDA NELLA BOCCA DEI COLTI

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  • Tre sorelle e un diverso carattere vegetale
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