In Campania non è Pasqua senza pastiera. Famosissima soprattutto quella napoletana, in realtà bisognerebbe dire “paese che vai, pastiera che trovi”. Indubbiamente, la ricetta più nota è proprio quella partenopea con il grano e la ricotta, ma ne esistono altri tipi che non sono assolutamente delle semplici variazioni dettate dal gusto personale, ma frutto di ricette fortemente radicate nelle tradizioni di alcune città campane (qualcuno sostiene addirittura precedenti a quella con il grano). È quello che cercheremo di capire, analizzando la storia e le curiosità di uno dei dolci più famosi della pasticceria tradizionale italiana.

Ognuno ha la sua storia

L’origine della pastiera sarebbe legata al culto pagano della dea Cerere: durante i riti per celebrare il ritorno della Primavera, le sacerdotesse portavano in processione l’uovo come simbolo della vita nascente. C’è chi ne dà una versione più romantica e fa risalire la nascita di questo dolce al mito della sirena Partenope. Si narra infatti che Partenope avesse scelto il Golfo di Napoli come dimora e che la popolazione, per ringraziarla dei canti dolcissimi che ella diffondeva per tutto il golfo nel periodo di primavera, avesse deciso di farle alcuni doni. I doni erano sette come le meraviglie del mondo: lo zucchero come simbolo della dolcezza del suo canto, le uova e la ricotta rispettivamente simboli della fertilità e dell’abbondanza, il grano cotto nel latte come elemento nato dall’unione del mondo vegetale e quello animale, le spezie come simbolo di tutti i popoli e infine i fiori d’arancio il cui profumo è tipico delle terre campane. Fu così che Partenope, grata dei doni ricevuti, li trasformò in un dolce buonissimo.
Un’altra leggenda narra che le mogli dei pescatori erano solite lasciare sulla riva del mare un cesto con dei doni (gli stessi della leggenda di Partenope) affinché il mare facesse tornare i loro uomini sani e salvi dalla battuta di pesca notturna. Una mattina, arrivate sulla spiaggia per accogliere i loro mariti, le donne trovarono i doni mescolati in un dolce. La versione più realistica, tuttavia, narra che dei pescatori, a causa dell’improvviso maltempo, rimasero in balia delle onde per moltissime ore. Una volta riusciti a rientrare a terra, raccontarono di aver potuto sopravvivere mangiando la pasta del giorno prima preparata con ricotta, uova, grano ed aromi. Questo evento contribuì a rafforzare l’idea della pastiera come simbolo di rinascita.

Le più accreditate origini del dolce campano risalgono però al XVI secolo e sono attribuite alle sapienti mani delle suore del Convento di San Gregorio Armeno, nel cuore di Napoli.

Già famose per le loro capacità di pasticciere, tanto che quasi l’intera nobiltà napoletana andava a rifornirsi da loro, le suore inventarono la pastiera perché volevano preparare un dolce con ingredienti legati all’idea della rinascita ( grano, uova e la ricotta) e i fiori degli alberi d’arancio che avevano nel giardino conventuale. Nel libro La cucina del paese di Cuccagna. Passeggiate gastronomiche con Matilde Serao, la scrittrice napoletana Loredana Limone racconta che “Le monache avevano una modalità di preparazione, diciamo, particolare: si vociferava (voce di popolo, voce di Dio) che le monache lavorassero la pastiera in maniera alquanto insolita. Quelle che disponevano di natiche e di fianchi più floridi si sedevano sopra l’impasto che era stato messo sui sedili di marmo del chiostro e, sussurrando devote preghiere, si dimenavano a lungo e ritmicamente permettendo così alla pasta di crescere rigogliosa”.

Paese che vai, ricetta che trovi

La ricetta con il grano è sicuramente quella più conosciuta e secondo alcuni puristi è anche insostituibile. Tuttavia, alcune fonti storico-gastronomiche individuano l’origine della pastiera in una ricetta molto antica, secondo la quale il ripieno del dolce era fatto di pasta (da qui il nome pastiera) – spaghetti o capellini – mescolata con uova e ricotta (ancora oggi qualcuno la fa). Un’altra ricetta molto antica e fortemente radicata nella tradizione campana vuole che si utilizzi il riso al posto del grano. La sua storia è molto meno leggendaria di quella napoletana ed è legata ad un fatto molto semplice: il grano era reperibile solo nel periodo di Pasqua perché il raccolto veniva fatto la settimana prima, invece il riso era disponibile tutto l’anno. La pastiera di riso è molto diffusa a Salerno e molti salernitani veraci sostengono che sia nata prima di quella di grano. Ed eccoci arrivati ad una delle questioni più annose nel campo della pasticceria tradizionale : è nata prima quella di riso o quella di grano? I dati storici dimostrerebbero che quella di riso è venuta prima, ma lasciamo ad ognuno la sua verità.
La ricetta con il riso è diffusa in tutta la Campania e anch’essa – proprio come quella di grano – oltrepassa i confini della regione. È facile trovarla in alcuni paesi dell’area dei Campi Flegrei o del beneventano, esiste anche la versione della pastiera di riso del casertano, del Cilento e quella molisana. Tra le tante ricette a disposizione, soprattutto nell’infinito mondo del web, ce n’è anche una che sfugge alla generica tipicità regionale: la pastiera di Morcone. Morcone è un paese in provincia di Benevento che non conta neanche 5000 abitanti. Qui la pastiera si fa con il riso, ma rigorosamente con la ricotta laticauda ottenuta con il latte di una razza ovina allevata in modo stanziale in piccoli greggi nelle zone collinari e montane delle province di Benevento, Avellino e Caserta.

Pensavate che fosse finita qui? Invece no. Ecco un’altra annosa questione: crema pasticcera sì o crema pasticcera no?

Moltissime voci sostengono che nella vera ricetta napoletana la crema non ci voglia, ma tantissime altre sosterranno sicuramente il contrario. Non dimentichiamoci infine che, per accontentare i gusti di un sempre maggior numero di golosi, negli ultimi anni abbiamo visto nelle pasticcerie (ma anche nelle case) la versione con le gocce di cioccolato, quella di riso e cacao, quella senza canditi e senza aromi, quella di crema senza ricotta, quella con la composta di albicocche e molte altre.

La pastiera è uno dei dolci più conosciuti della pasticceria campana, un simbolo della pasticceria tradizionale italiana. Per tantissimo tempo è stato anche uno dei simboli delle tradizioni di molte famiglie meridionali, ma ormai si trova facilmente anche al di fuori dei confini regionali e, anche grazie alle ricette di molti famosi pasticceri, in tanti appassionati di pasticceria e cucina si confrontano con la complessa ricetta di questo dolce. I più tradizionalisti hanno anche imparato a chiudere un occhio sull’utilizzo del burro per fare la pasta frolla, perché la ricetta tradizionale richiederebbe lo strutto. Ma al di là di ogni teoria o tentativo di realizzare questa prelibatezza, siamo sicuri che a molti golosi di pastiera resterà sempre una sola certezza: che la vera ricetta, oltre che la più buona al mondo, sarà sempre quella di mamma o di nonna.

Photo Credits: www.yourelais.com

  • Articoli
Sono nata e vivo a Roma. Mi sono laureata in Lettere alla Sapienza e dopo un master in Web Marketing e New Media ho lavorato nel settore della Comunicazione e degli eventi. Oggi mi occupo di divulgazione cinematografica in ambito museale e amo viaggiare in maniera spasmodica. Sono cresciuta in una famiglia di astemi, ma visto che ho sempre fatto il contrario di tutto e di tutti, ad un certo punto della mia vita ho deciso di diventare sommelier. Amo il vino in tutte le sue sfaccettature, ma quello che mi piace di più è indagare i legami e scoprire le intermittenze che ci sono tra il mondo del vino e quello dell’arte. Le mie degustazioni sono sempre delle occasioni per condividere, con amici e curiosi, le suggestioni e i richiami tra le note sensoriali di un vino e l’universo artistico. Forse la mia si può chiamare deformazione professionale, ma ormai non riesco più a coltivare le mie passioni per il cinema, il cibo e i viaggi senza condirle con tannini e perlage.