Storia di un’amicizia, di un viaggio e di una passione in comune, quella per la cucina. È il racconto di “Viaggio in Corea tra le stelle” un progetto letteralmente stellare firmato dagli chef stellati Lele Usai del ristorante Il Tino di Fiumicino, Nicola Fossaceca di Al metrò di San Salvo Marina in Abruzzo, Piergiorgio Siviero di Lazzaro 1915 a Pontelongo in provincia di Padova e Fabrizio Ferrari, chef di Porticciolo 84 a Lecco che ormai è di casa in Corea dal 2018.
Organizzato dall’Istituto di Cultura coreana in Italia e presentato alla stampa lo scorso 4 luglio, si tratta di un progetto che nel novembre 2022 ha coinvolto i quattro chef stellati in un viaggio alla scoperta della cucina in Corea. Un viaggio durante il quale ogni cibo, ingrediente e incontro sono stati fonte d’ispirazione per elaborare nuovi piatti da inserire nei menù dei rispettivi ristoranti a partire da questa estate.

I piatti firmati da Lele Usai, Nicola Fossaceca, Fabrizio Ferrari e Piergiorgio Siviero vanno oltre ciò che potremmo definire in senso tradizionale come una citazione o un’ispirazione in cucina. Sono delle storie. Storie che raccontano di contaminazioni tra Occidente e Oriente, tra tradizione e sperimentazione, tra acqua e terra.
Lele usai ha presentato “Viaggio a Seoul”, un piatto realizzato con pesce frollato (cioè, trattato con la tecnica dry aging) e kimchi, il tradizionale piatto coreano fatto di verdure fermentate, ma qui realizzato con prodotti tipici della nostra agricoltura. Fabrizio Ferrari ha invece reso omaggio, forse involontariamente, alla trazione romana con “Spaghetti Jang e pepe” fatto di Dwenjang (pasta di soia fermentata), pepe, parmigiano e porri fritti. Un piatto che sorprende per la consistenza della pasta e per i sapori che, contraddicendo l’apparenza simile ad una vera cacio e pepe, hanno una discreta tendenza alla grassezza e alla dolcezza. “Polpo a Pohang” di Nicola Fossacca è invece ispirato al mare dell’omonima cittadina al Sud della Corea ed è composto da polpo glassato al gochujang (una salsa fermentata salata, dolce e piccante preparata con peperoncino rosso, riso glutinoso, meju, malto d’orzo), asparagi e salsa bernese alle alghe. Infine, il “Tiramusut” di Piergiorgio Siviero, un piatto che non vuole esse solo un omaggio alla Corea, ma anche al suo Veneto in cui è ufficialmente nato il più famoso Tiramisù. Spuma di patate dolci, sablé di fagioli verdi e grano tostato, tisana di radici di loto e barbana, caramello di fungo pyogo per un dolce-non dolce che stupisce per la tecnica e il gusto.

I piatti di “Viaggio in Corea tra le stelle” sono quindi storie di incontri, di elementi e di persone che si incontrano e che dialogano. Uno sguardo verso ciò che ci sembra lontano, ma che in fondo non lo è così tanto, come le patate dolci utilizzate nel Turamisut simili alla patata Merica molto diffusa nella zona della bassa padovana e che cambia solo un po’ per il colore. Come i brodi così importanti nei piatti tradizionali italiani come in quelli coreani, come la pasta a forma di spaghettone o il polpo presente ovunque anche nella cucina di pesce italiana. I piatti di “Viaggio in Corea tra le stelle” sono anche uno sguardo sulla nostra cucina e il racconto di come ogni chef abbia voluto fare suoi l’esperienza e i sapori della “lontana” Corea, ognuno con la sua filosofia di cucina, con le sue tecniche e il legame con il proprio territorio.

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Sono nata e vivo a Roma. Mi sono laureata in Lettere alla Sapienza e dopo un master in Web Marketing e New Media ho lavorato nel settore della Comunicazione e degli eventi. Oggi mi occupo di divulgazione cinematografica in ambito museale e amo viaggiare in maniera spasmodica. Sono cresciuta in una famiglia di astemi, ma visto che ho sempre fatto il contrario di tutto e di tutti, ad un certo punto della mia vita ho deciso di diventare sommelier. Amo il vino in tutte le sue sfaccettature, ma quello che mi piace di più è indagare i legami e scoprire le intermittenze che ci sono tra il mondo del vino e quello dell’arte. Le mie degustazioni sono sempre delle occasioni per condividere, con amici e curiosi, le suggestioni e i richiami tra le note sensoriali di un vino e l’universo artistico. Forse la mia si può chiamare deformazione professionale, ma ormai non riesco più a coltivare le mie passioni per il cinema, il cibo e i viaggi senza condirle con tannini e perlage.