Sarà una moda, sarà una necessità dettata dai nuovi mercati o dai nuovi gusti, ma negli ultimi anni abbiamo incominciato a sentir parlare di vini naturali sempre più spesso.
Ma cosa sono questi vini naturali?
Sfatiamo innanzitutto un falso mito: il vino naturale non è un vino fatto dalla natura. La natura non può fare il vino, perché il vino esiste solo con l’intervento dell’uomo. Se infatti prendessimo un acino d’uva e lo lasciassimo libero di fare il suo corso naturale, otterremmo solo l’aceto.
Allora quando si può definire un vino naturale? Innanzitutto un vino naturale si ottiene riducendo al minimo l’intervento dell’uomo in vigna e in cantina. Si parte dalla cura e dalla tutela del terreno, che deve essere trattato senza sostanze chimiche e pesticidi o riducendo al minimo il loro impiego. Una delle prerogative per ottenere il vino naturale, infatti, è la coltivazioni biodinamica o biologica (attenzione, precisiamo che qui stiamo parlando di coltivazione biologica, perché il vino biologico è un’altra cosa e meriterebbe un articolo a parte). Una volta che l’uva è pronta per essere raccolta, essa viene trattata e trasportata con procedimenti il meno invasivi possibile.

Spesso si preferisce la vendemmia manuale, cioè la raccolta a mano dei grappoli e l’utilizzo di macchinari in cantina che mantengano l’uva il più intatta possibile.

Il momento clou per ottenere questo tipo di vino è la fermentazione, che deve avvenire rigorosamente in modo naturale o con l’aggiunta di una minima quantità di sostanze chimiche come l’anidride solforosa (si può considerare naturale un vino che abbia un massimo di 30 mg di solfiti per litro). Solitamente i produttori di vini naturali avviano la fermentazione utilizzando solo lieviti indigeni, cioè lieviti presenti nell’uva stessa.
Una volta capito come nasce un vino naturale, bisogna solo porsi un’altra domanda: che gusto ci aspettiamo da un vino naturale? Chi si ritroverà almeno una volta nella vita a bere un vino di questo tipo sicuramente riscontrerà nella bevanda un sapore più vicino alla natura dell’uva, il gusto “naturale” del vino. Si tratta di un gusto ottenuto senza manipolazioni di alcun tipo (come invece, ad esempio, succede quando la vinificazione viene fatta in botti di legno che rilasciano aromi molto invasivi), senza aggiunta di zuccheri o di mosti concentrati, senza additivi, filtrazioni e senza il controllo forzato delle temperature le cui conseguenze, spesso, si avvertono anche nel gusto.

Questo tuttavia non deve indurci a dare per scontato che il vino naturale sia per forza un vino di qualità.

Il fatto che non esista ancora una certificazione riconosciuta e precisa che aiuti a definire cosa sia esattamente il vino naturale (anche rispetto al vino biologico o biodinamico) e a tutelare i produttori che si dedicano a questo tipo di vino (nonostante alcune associazioni siano impegnate da anni per ottenere una certificazione) può far incorrere il bevitore in alcuni inganni e falsi miti imposti spesso (e purtroppo) dal marketing.
Ma a chi piacciono questi vini naturali? Diciamolo subito e con molta sincerità: il vino naturale non è sempre più buono degli altri. Generalmente, ma non sempre, il vino naturale si riconosce per un corpo più leggero e un sapore tendenzialmente più acidulo che non sempre piace. Io stessa ammetto di avere un rapporto un po’ conflittuale con i vini naturali. Ricordo ancora una delle prime volte in cui ne ho assaggiato uno, si trattava di un vino naturale francese. Mi venne presentato e offerto con un entusiasmo che poche volte mi è capitato di vedere negli occhi di un oste, ma evidentemente quel vino era talmente naturale da poter essere considerato semplicemente uva spremuta. Oggi di quell’incontro ricordo soprattutto di aver pensato “Ridatemi i solfiti”. Una cosa è certa, fino a circa dieci anni fa si parlava pochissimo di vini naturali, mentre oggi le vendite sono aumentate in tutto il mondo e dai trend emerge una evidente preferenza verso i vini naturali soprattutto da parte di Millennians che, forse, sono più inclini a quel tipo di sapori.

Ricordiamoci sempre che la piacevolezza di un vino, infatti, è una questione puramente soggettiva.

C’è chi preferisce vini più corposi e lavorati, quei vini il cui gusto e il cui corpo sono il risultato di una vinificazione più “artificiosa”. Questo non significa che si tratti di vini più scadenti o meno buoni. Anzi, ammettiamo anche questo: tra gli amanti del vino non c’è nessuno che possa negare che tra i vini più buoni che abbia bevuto ci siano quelli ottenuti da uve di altissima qualità coltivate nel pieno rispetto della natura, ma poi sottoposte ad una maggiore manipolazione del gusto e del corpo durante la vinificazione. Bere vini lavorati non esclude il piacere di bere vini naturali e viceversa. Anche perché per il vino la legge che deve essere sempre rispettata è soprattutto una: se l’uva è veramente buona, il vino verrà buono anch’esso senza bisogno di troppa lavorazione, ma per l’enologo ogni vendemmia è una scommessa perché ogni anno e ogni vino è diverso e nulla può essere deciso con troppo anticipo.

Photo by Maja Petric on Unsplash

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Sono nata e vivo a Roma. Mi sono laureata in Lettere alla Sapienza e dopo un master in Web Marketing e New Media ho lavorato nel settore della Comunicazione e degli eventi. Oggi mi occupo di divulgazione cinematografica in ambito museale e amo viaggiare in maniera spasmodica. Sono cresciuta in una famiglia di astemi, ma visto che ho sempre fatto il contrario di tutto e di tutti, ad un certo punto della mia vita ho deciso di diventare sommelier. Amo il vino in tutte le sue sfaccettature, ma quello che mi piace di più è indagare i legami e scoprire le intermittenze che ci sono tra il mondo del vino e quello dell’arte. Le mie degustazioni sono sempre delle occasioni per condividere, con amici e curiosi, le suggestioni e i richiami tra le note sensoriali di un vino e l’universo artistico. Forse la mia si può chiamare deformazione professionale, ma ormai non riesco più a coltivare le mie passioni per il cinema, il cibo e i viaggi senza condirle con tannini e perlage.