È lei, la zanzara la ragione della nascita di un territorio come quello dell’Agro Pontino. Tutto iniziò nel lontano 1918, quando il Genio Civile di Roma decise di studiare le zone dell’Agro Romano e dell’Agro Pontino; 135.000 ettari di terre paludose, che si estendevano a sud di Roma tra il mare e i Monti Lepini, regno incontrastato di zanzare portatrici di malaria, terreni da sanificare e da rendere coltivabili e soprattutto vivibili.
Nel 1927, durante il Fascismo, gli studi presero vita attraverso un progetto di risanamento epocale, che prevedeva non soltanto la bonifica di una provincia, ma una trasformazione sociale, un ripopolamento, la nascita di nuove città e di agglomerati urbani con cambiamenti culturali rilevanti per il territorio.
Le terre bonificate dovevano essere coltivate e nei primi anni ’30 arrivarono i primi coloni dal Veneto, dal Ferrarese e dal Friuli.
L’Opera Nazionale Combattenti aveva il compito di raccogliere e controllare le richieste delle famiglie del Nord-Est che avevano risposto al bando. I requisiti richiesti erano che ogni famiglia doveva essere composta da almeno 4 uomini, 2 donne e 1 ex combattente della Prima Guerra Mondiale. Ad essi veniva assegnata una casa colonica, riscattabile in cinque anni, fornita di forno, camere e servizi, terra da coltivare, abbeveratoi, fienile per gli animali e il libretto colonico, sul quale ogni due settimane L’Opera Nazionale Combattenti, versava da 50 a 600 Lire a famiglia. Per molti coloni veneti, friulani, ferraresi tutto questo significava la realizzazione di un sogno.
Nascono le città di Sabaudia, Pontinia, Pomezia, Aprilia. La città di Littoria cambia nome e diventa Latina.
Agglomerati urbani limitrofi vengono “battezzati” con i nomi dei luoghi dove furono svolte le battaglie decisive e vittoriose della Prima Guerra Mondiale: Borgo Piave, Borgo Sabatino, Borgo Podgora e via dicendo. Insomma una nuova terra ma con una cultura e con tradizioni del Nord-Est di Italia.
Ed con la riforma agricola pontina che si iniziano ad allevare le bufale, in particolare a Pontinia. Esse furono la conseguenza diretta della bonifica: animali resistenti, che amano l’acqua e soprattutto ghiotte di erba, la stessa erba che cresceva lungo i canali di bonifica e vicino alle idrovore. Allevamenti intensivi, con una notevole produzione di latte ottimo per lavorare mozzarelle, ricotta e formaggi. Ma non solo, delle bufale è ottima anche la carne.
Da due anni a questa parte, l’Assessorato alle Politiche Giovanili e della Promozione del Territorio del Comune di Pontinia, capitanato dal giovane e promettente Matteo Lovato, in collaborazione con Arsial, Regione Lazio e con il Patrocinio della Provincia di Latina, promuove il territorio e le sue eccellenze nel campo agroalimentare, attraverso una manifestazione dal titolo “Lady Bu”. Street food con piatti rigorosamente di carne di bufaletta, succose mozzarelle, dolci con ricotta di bufala, divertimento e giochi di strada per bambini bambini, ormai dimenticati o sconosciuti come la “campana” o “uno-due-tre-stella”, il tutto per creare un senso di appartenenza al territorio, di conoscenza e convivialità all’interno della comunità sempre più multietnica e colorata, che vede affiancare alle nuove generazioni dei vecchi coloni veneti, friuliani e ferraresi, gli indiani Sikh, esperti allevatori di mucche e di bufale e ottimi agricoltori.
La storia del territorio è raccontata egregiamente all’interno del Museo dell’Agro Pontino, ubicato nella piazza principale di Pontinia. Giornali dell’epoca, fotografie, attrezzi per l’agricoltura e storie di vita dei coloni pontini.
E ancora una volta il cibo racconta la storia di una società, qui a Pontinia si mangia il pane ferrarese, si producono formaggi come il Taleggio, il Camembert, il Gorgonzola con il latte di bufala, tutti prodotti tipicamente appartenenti a culture enogastronomiche della Pianura Padana. A testimonianza che le tradizioni seguono i popoli indipendentemente dal luogo in cui si vive.
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