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Nautilus, un Pinot Noir della Nuova Zelanda

24 Marzo 2015

Un assaggio stupefacente al Pro Wine

Scrivere del Pro Wein significherebbe aprire un capitolo completamente diverso rispetto a come è organizzata una fiera del vino all'estero, ma ho deciso di parlarne solo per un piccolo assaggio: può essere considerato come il trampolino di lancio per ogni azienda vinicola che voglia intrapprendere la strada dell'esportazione. Si svolge a Dusseldorf e per 4 giorni si danno appuntamento produttori e importatori per elaborare il loro business. 

Rispetto a una fiera classica italiana il Pro Wein funziona esclusivamente su appuntamento ed è incredibile poter scambiare quattro chiacchiere in tranquillità senza il normale chiasso che si ha ben presente quando si partecipa a manifestazioni di massa in Italia come per esempio il Vinitaly. 

Il Pro Wein quest'anno ci ha visti protagonisti un giorno e mezzo, la nostra prima volta: oltre alla soddisfazioni di esserci a portare avanti il nostro business, abbiamo anche avuto modo di toccare con mano altre e diverse realtà enoiche di alcune parti del mondo. 

 

Vagando per i vari stand infatti conosciamo Clive, un ragazzone alto due metri che si presenta come il responsabile commerciale di un'organizzazione australiana che si occupa della proposta e promozione dei vini di questo emisfero nel mondo; ci accompagna ad un bancone bianco dove sono disposte una vicino all'altra alcune bottiglie di vino chiuse con il tappo a vite. 

Mi chiede quale zona preferisco assaggiare. Io deciso rispondo "New Zealand". Ricordo anni fa un vino bevuto per sbaglio in un locale di Alba in Piemonte, non presente in carta, la sommelier me lo propose perchè ben consapevole della mia passione per il Pinot Nero. 

Un vino che cambiò completamente il mio modo di intendere questo vitigno: non c'è regione nè in Italia, nè in Francia o Germania, o anche Oregon che sorprenda tanto per pulizia, freschezza e fascino. Il vino è anche questo oltre che emozione, fascino. 

Ed è proprio in questa zona settentrionale dell'isola di Malborough che si è creato il terroir perfetto per un vitigno che adora le grandi escursioni termiche: qui si incontrato i venti gelidi dell' Antartide e quelli caldi provenienti dal nord, l'Oceano Pacifico, i sali, i suoli rocciosi, tutto insomma concorre a non lasciare che neanche una singola sensazione del vino, che viene realizzato da queste uve estremamente sane, venga lasciata al caso. 

Profumi intensi, netti, in questo Pinot Noir della Nautilus Estate, dal frutto rosso, fino all'humus, al cuoio, a spezie dolci, tabacco biondo con un ritorno in bocca in perfetta armonia e pulizia gustativa. Netta e profonda la mineralità, accompagnata da una bella freschezza e un tannino perfettamente amalgamato nell'insieme. 

Un bel vino che ti ricordi e di cui ti rimane il ferma immagine dell'impronta del gusto spiaccicata nella mente, Clive parla di affinamento in barrique, io non l'ho neanche sentita minimamente, qui il terroir e più forte di tutto il resto. Persistente, ha un retrogusto potentissimo. 

Rimango per un po' inebetito, voglio la conferma e il secondo sorso è più convincente ancora del primo. 

Rimaniamo entrambi spiazzati da questa miriade di sensazioni diverse che si accavallano, a distanza di tempo il bouquet è già cambiando spaziando verso sensazioni più artificiali come catrame e gomma bruciata. 

Lasciamo Clive al suo lavoro e riprendo il filo dei nostri pensieri, insieme ci diciamo quanto sarebbe bello andarci per davvero in Nuova Zelanda, ce la siamo sognata ad occhi aperti contemporaneamente entrambi solo sorseggiandoci il vino.  

              

 

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