Archivio Storico 2011-2017

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L’orgoglio contadino di Valter Calvi

06 Marzo 2014
Azienda Vitivinicola Calvi – Castana (PV)
Valter Calvi, un uomo che ho conosciuto durante le mie visite in Oltrepò Pavese. Un vignaiolo da undici generazioni.
Da molti definito un cane sciolto, un ribelle e un’anticonformista che non segue la massa. Per me semplicemente un amico, che stimo per il suo rispetto del contadino.
Capisco bene la sua natura che sento molto vicina alla mia. Siamo gente che non si uniforma solo perché il tempo lo richiede.

L’Azienda Vitivinicola Calvi è condotta da Valter insieme al figlio Davide. Fin dalla fine del 1600 continuano la tradizione familiare della coltivazione della vite sulle colline di Castana, in provincia di Pavia. Nove ettari suddivisi in dieci vigne: Montarzolo, Canne, Custieu, Colomba, Pragazzolo, Monteguzzo, Bugena, Frach, Falerna, San Bacchino.

La loro viticoltura è basata sul rispetto dell’ambiente e sul benessere della pianta senza uso di concimi chimici. Da venticinque anni hanno adottato la tecnica dell’inerbimento dei filari, per evitare l’erosione dei terreni collinari e nel contempo creare un microhabitat ideale per essenze erbacee ed insetti utili.
Valter Calvi, un uomo che apprezzo e che voglio farvi conoscere per il suo credo nella terra.

D) Valter, vuoi raccontarmi che cosa intendi per “rispetto del contadino”?

R) E’ il rispetto verso “Madre Natura” che il vero contadino ha innato. Considerando che siamo parte integrante del sistema: terra, acqua e cielo, non possiamo rapportarci con questi elementi e con tutti gli esseri viventi se non con rispetto.

D) Sei come me un appassionato di storia. Fai parte del gruppo Primus Colle, mi spieghi chi siete e che cosa vi prefiggete?

R) Il rispetto di cui sopra è legato indissolubilmente alle conoscenze che i nostri avi ci hanno tramandato, e alle nuove esperienze che noi possiamo fare e che poi tramanderemo. In un momento storico rivolto solo in avanti, assieme ad altri appassionati, abbiamo voluto creare un’associazione che ricerchi la storia di questo nostro territorio di Prima Collina, e la mantenga prima che si disperda per sempre. Attraverso delle pubblicazioni chiamate i “Quaderni di Primis Collis” e a camminate per antichi sentieri, cerchiamo di divulgare la nostra piccola ma non meno importante storia.

D) Sei membro del Club del Buttafuoco storico sia come produttore che come appassionato. Carlo Porta, poeta dialettale milanese, attribuì a questo vino il nome Buttafuoco per il suo corpo e carattere. Raccontami com’è iniziata questa tua avventura?

R) Anche qui il “rispetto” ha avuto parte preponderante. Ho sempre pensato che le fatiche, il sudore, e le immense conoscenze dei vecchi vignaioli non potessero perdersi per inconsistenti esigenze commerciali. L’idea del Club Buttafuoco Storico è nata nel 1989 con l’impianto di una vigna. Ho poi cercato di coinvolgere altri produttori spiegando che al di la dell’interesse per raggiungere quella “nobiltà” che il vignaiolo deve avere, bisognava produrre un vino strettamente legato al territorio e agli antichi saperi. Quasi per gioco abbiamo cominciato a produrre Buttafuoco secondo le esperienze dei nostri avi, e in quelle vigne tramandateci come altamente vocate. Il 7 febbraio del 1996 è nato il “Club del Buttafuoco Storico”

D) Sei anche un ricercatore. Mi racconti come vanno le tue sperimentazioni con la varietà chiamata Vespolina o Ughetta?

R) Cinzia, ricercatore è una parola grossa. Ho solo fatto, sempre da vignaiolo, nuove ricerche. Se non fosse così non saremmo arrivati a questa ricchezza di diversità nel mondo vitivinicolo.L’Ughetta di Canneto (Vespolina è un nome attribuito a posteriore che non mi piace) e la Moradella, erano tra le uve più coltivate prima dell’avvento fillosserico in queste mie terre. Ora che siamo riusciti a recuperarle è normale la curiosità di vedere il loro carattere in purezza.

D) Nelle mie discussioni difendo a spada tratta i piccoli produttori per le tradizioni e le tipicità che coraggiosamente portano avanti visto il periodo difficile. Mi sento spesso rispondere che predico poesia, ma non qualità. Questa affermazione viene motivata dalle difficoltà al sostentamento della tecnologia in cantina viste le piccole dimensioni di queste realtà. Valter, giro a te la questione, cosa ne pensi?

R) L’azienda familiare contadina è un patrimonio inestimabile di cui l’Italia è ancora ricca e che tutto il mondo ci invidia. Può produrre dei prodotti inimitabili dall’industria, può mantenere tecniche di produzione tradizionali e veramente “naturali”, ma soprattutto è fondamentale per la salvaguardia del territorio, sia quello materiale che quello immateriale. In un contesto di mercato mondiale una ricchezza del genere può essere strategica per veicolare l’immagine dei nostri prodotti. Utile perciò anche all’industria agroalimentare, che naturalmente ha anch’essa la propria identità.

Dalle risposte di Valter credo che sia evidente il suo pensiero e il suo rispetto per il contadino, che, citando le sue parole, fa sì che costui entri in punta di piedi nella natura,con umiltà, e devozione.
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