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La viticoltura soffocata dalla burocrazia

27 Febbraio 2014
Lo sfogo di Marco Bernava, agronomo italiano in terra Catalana
Marco Bernava, un amico e un viticoltore. Milanese di nascita, dopo essersi laureato in Scienze e Tecnologie Agrarie con una tesi sperimentale in viticoltura ed enologia, ha deciso in terra Catalana (Spagna)di lavorare nei vigneti e nella cantina di proprietà insieme alla compagna Ruth (la vera catalana), e al fratello Gino.Un agricoltore come tanti soffocato dalla burocrazia.

Spesso mi chiedo se qualcuno dei burocrati impositori di tanta carta e registri da compilare si rende conto cosa vuol dire produrre, di quanta fatica e impegno comporta lavorare la terra.Tempo fa ricordo di aver letto un articolo su un’azienda giapponese che ha imposto ai propri dirigenti di fare esperienza diretta in produzione tra gli operai.Direi un’ottima idea, forse l’unica che permetterebbe di far capire loro cosa significa lavorare tra mille impedimenti burocratici.
Ma ora voglio dare la parola Marco, perché sono loro, i produttori, quelli che vanno ascoltati.

D) Ciao Marco, cosa chiederesti nell’immediato alle istituzioni, sia a livello nazionale che europeo, per aiutare i produttori?

R) Lasciateci fare!Ci siamo incastrati in un sistema che non funziona Cinzia, e non solo in viticoltura ma oserei dire in tutto il settore agrario. Concentrandomi sulla viticoltura e sull’elaborazione di vino, credo che come nel resto del settore primario una delle grosse colpe sia della UE e dalle politiche dei Paesi membri: “Direttive che si traducono in normative e controlli che senza mezzi termini definisco tanto inutili quanto dannose, un sistema di aiuti all’impianto/espianto incoerente, un sistema doganiere che non dovrebbe esistere ed invece vincola tutte le trattative intracomunitarie, norme di etichettaggio pesanti, sistemi di qualificazione dei prodotti un po’ aleatorie … e molto altro che potrei aggiungere…

D) Qual è la tua esperienza di viticoltore che si affaccia al mercato globale?

R) La mia esperienza come tecnico ed ora come produttore mi fa capire sempre più i viticoltori con il loro pianto per i prezzi bassi, per la loro impotenza sul mercato perché l’offerta frazionatissima (e senza voce collettiva, non inganniamoci), davanti a colossi che dettano prezzi di acquisto delle uve tenendo in conto solo la loro logica di profitto (frutto di un sistema globalmente incorretto), non considerando minimamente i costi di produzione del viticoltore.
Capisco sempre più quanto in passato si sia distorto e viziato il settore. Mi fa male pensare a come viene percepito il vino da certi settori della società, a causa di scelte politiche errate nella sostanza.Mi rende triste vedere come bisogna accontentare l’amministrazione con determinate pratiche burocratiche che assumono più i connotati di un rito vudù piuttosto che di una gestione amministrativa. La mia esperienza mi porta a concludere che voglio vivere bene come tecnico una parte dell’agricoltura affascinante e dinamica e che vivrò lottando come produttore e commerciale di se stesso, nella speranza (o illusione) che il sistema si semplifichi.Non dico che debba essere un settore anarchico, ma nemmeno che io debba dedicare la metà del mio tempo a lavorare per l’amministrazione pubblica.

D) Legislazione in viticoltura. Quali sono secondo te gli impedimenti maggiori?

R) Il settore deve avere un apparato legislativo corretto e coerente che vincoli ciò che è dannoso alla salute (trattandosi di un prodotto alimentare) e ciò che è frode reale, ma lasciando che i produttori possano creare originalità e che la possano offrire e vendere con agilità.Lascio andare solo due esempi in Europa: l’etichettaggio e il sistema di qualificazione dei vini da un lato, e le pratiche enologiche autorizzate dall’altro. Sono paradossi di come NON si dovrebbe gestire a livello supra-nazionale il settore.
Basicamente perché sul mercato ci dobbiamo confrontare con il “nuovo mondo” del vino, dove le regole sono più lasse e dove hanno capito che nel fondo l’equivalente di ogni muro che la UE ci costruisce e che dobbiamo saltare non fa altro che incrementare i costi di produzione, quindi diminuire la competitività sui mercati internazionali, e far risultare cari i vini a volte anche sul mercato nazionale. Risultati: da una parte importiamo vini economici e dall’altra limitiamo il consumo interno di prodotto nazionale, confondendo in sostanza il consumatore e allontanandolo dal gaudire di un prodotto che fa parte della nostra cultura da secoli immemori.

D) Marco, parliamo di viticoltura, ecologia e sostenibilità. Com’è la situazione in Spagna?

R) La viticoltura e l’enologia sono alla base della gestione di molti territori dei nostri Paesi: gestione paesaggistica, gestione ambientale, tessuto socioeconomico(pensiamo oltre ai produttori anche all’indotto enoturistico).Questo ruolo sociale dovrebbe essere ulteriormente premiato e non bastonato dalle politiche sia comunitarie che nazionali. Dovrebbero lasciar lavorare e fomentare lo sviluppo del settore vitivinicolo e di ciò che gravita intorno a lui, soprattutto nelle zone vocate, dove ogni alternativa economica risulterebbe essere o un fracasso o un’aberrazione ed una distruzione del territorio.
Mi riferisco concretamente al tema eolico in Spagna e per quanto ne so anche in Italia: interessi di multinazionali dipinti coi colori dell’ecologia e della sostenibilità, venduti al territorio inerme come è quello agricolo, distruggendone la vocazione e trasformandolo in un paesaggio pseudo-industriale massificato e violentato dalla speculazione (in campagna ancora non era arrivata).

Marco è un giovane uomo che continua la sua avventura vitivinicola tra mille difficoltà. A modo suo combatte i cavilli e gli impedimenti burocratici che rendono difficoltosa la gestione quotidiana in viticoltura. Il mio auspicio e quello di molti, è che chi fa comunicazione dia il giusto eco ai problemi dei veri protagonisti della terra: gli agricoltori. Grazie Marco.

BERNAVÍ - vigneti e cantina www.bernavi.com

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