Archivio Storico 2011-2017

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Il prato nel piatto: il tarassaco al latte

09 Gennaio 2011
La vera tradizione modenese
Il [b]tarassaco[/b], meglio conosciuto nelle nostre zone come "[i]piscialetto[/i]" (perché ai bambini è consuetudine raccontare che chi lo coglie bagnerà il letto nottetempo), è una pianta a fiore le cui virtù medicamentose sono note fin dall’antichità.
Gioia per i bambini, che si divertono a soffiare via la fragile sfera di semi posta in capo allo stelo, ma disperazione per chi lavora la terra, perché i suoi semi, al primo alito di vento, volano ad infestare ogni coltura.
Le donne, in campagna, lo utilizzavano per le sue [b]doti diuretiche[/b]. In caso di necessità, infatti, lo somministravano ad alte dosi ai propri uomini, quando tornavano a casa dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo. Il tarassaco, inoltre, funzionava come ultimo rimedio per abbassare la pressione prima di dover ricorrere ai salassi o alle poco simpatiche “sanguettole” (sanguisughe).
Nell’ambito della cucina contadina di una volta, era utilizzato come gustoso contorno. Claudio Camola, l’impareggiabile oste de [b]La Piola[/b], lo ripropone in abbinamento al lattonzolo, il maialino da latte - peraltro spesso presente sulle mense della corte ducale estense - che un tempo veniva sacrificato in occasione delle feste più importanti.

[b]Ricetta[/b] (di Laura Rangoni)
Dopo averlo ben lavato sotto l’acqua corrente, lo si mette a bollire in (abbondante) acqua leggermente salata. Trascorsi pochi minuti, si scola, si strizza e si mette in una padella sufficientemente ampia, ricoprendolo di latte, con un paio di spicchi d'aglio interi. Lo si lascia cuocere fino a quando il latte è completamente assorbito, quindi si pone sul piatto da portata, cosparso di parmigiano-reggiano grattugiato.
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