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DOP e IGP: produzioni garantite ma vincoli diversi

28 Agosto 2015

Intervista a Eugenia Bergamaschi, Presidente di Confagricoltura Modena

Qualche tempo fa, durante una puntata di Report, nota trasmissione su Rai 3,  ho seguito un’inchiesta sulle produzioni garantite DOP e IGP. Credo che molti ancora non sappiano che l’Identificazione Geografica Protetta ponga un vincolo sul territorio in cui avviene la trasformazione, ma non sulle materie prime.

Quasi un paradosso. In pratica se mi capita di visitare un paese italiano ed acquistare una tipicità del posto garantita IGP, ho sì la garanzia che venga prodotta in quel territorio, ma non sempre ho la certezza che venga fatta con materie prime originarie di quel luogo.  La normativa infatti in questo senso non è vincolante. 

Fatta questa premessa, passo la parola all’esperta, Eugenia Bergamaschi, Presidente di Confagricoltura di Modena.

Cinzia, le cose stanno così: per le IGP fa fede il luogo di produzione e la ricetta, mentre la materia prima può venire anche da altre località. Per questo motivo potrai ben capire che le IGP da sempre sono state un problema per i produttori agricoli.

Accanto alle IGP esistono le DOP che tutelano i prodotti Italiani. Il prodotto DOP deve essere fatto in Italia con materia prima Italiana, come ad esempio il Prosciutto di Parma, il Prosciutto di San Daniele e il Prosciutto di Modena. Prodotti DOP perché fatti obbligatoriamente con cosce di suini nati, allevati, macellati e stagionati in Italia, secondo un disciplinare severo al quale si devono attenere gli allevatori, i macellatori e gli stagionatori.

Per verificare che ciò avvenga esiste un organo di controllo che si chiama IPQ: Istituto Parma Qualità. Il suo compito è di controllare la filiera della DOP del Prosciutto di Parma e del Prosciutto di Modena. Il Prosciutto di San Daniele invece è controllato dall’INEQ: Istituto Nord Est Qualità.

Le DOP sono veri e propri prodotti di nicchia che, per la loro produzione, seguono un disciplinare rigoroso che impone regole molto rigide. Il costo di produzione e il prezzo finale al consumatore è più alto proprio per questo.

Riprendo la parola per ringraziare Eugenia Bergamaschi.

Chiarita la questione resta il fatto che in Italia ci sono troppi marchi, troppi consorzi, troppa disgregazione e poca comunicazione ben fatta delle produzioni e dei territori. Elementi critici che non aiutano gli agricoltori che puntano a produzioni di qualità, nè i consumatori spesso confusi nei loro acquisti. 

 

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