Archivio Storico 2011-2017

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Taste of Rome anno 2015

07 Ottobre 2015

L’edizione che pensa all’EXPO

Avete presente l'opzione che offre Facebook quando scegliete il tipo di relazione sentimentale che avete e lui vi propone: "Relazione complicata"?

Bene, io e il Taste abbiamo una relazione complicata. Così complicata che lo scorso anno ho glissato la manifestazione. Appositamente.

Se devo raccontare un evento non lo faccio considerando solo il punto di vista di noi che il food lo respiriamo ma tenendo presente anche le necessità di chi fruirà dello stesso.

Ecco.

Il Taste è caro. Il Taste “se la tira”. 

C'è questo biglietto di ingresso...di 16 inspiegabili euro a persona, che equivale a dire, tu entri e non puoi mangiare nulla ma solo per varcare la soglia (anzi, la salita) del Parco della Musica già devi pagare. 

E non va bene.

Poi i piatti... piattini ovvio, degli chef stellati che sono ospiti della manifestazione. Sono tutti fantastici, non lo nego, quest'anno oltre agli storici e affezionati come Heinz Beck, Bowerman, Apreda c’erano le new entry come Stazione di Posta con lo chef Marco Martini ma sia chiaro, la mia titubanza, il mio rapporto complicato con il Taste, non è legato alla qualità del cibo bensì al prezzo. 

Sì perché il Taste a mio avviso resta e si conferma una manifestazione ibrida.

Si vorrebbe rivolgere al grande pubblico, con i suoi ingenti investimenti pubblicitari, con un tema portante diventato oramai di massa qual è il food ma poi fa selezione davanti alle casse. 

Se fossi una famiglia di due genitori con due figli io sarei arrivato all'Auditorium, avrei visto i prezzi e poi mi sarei diretto sereno alle postazioni mobili del viale davanti allo stesso, dove stazionava negli stessi giorni il Festival del Gelato (di cui mi pregio di esser stata giurata) per provare alcuni tra i migliori gelati romani di noti artigiani locali. E beccati questa, mio caro Taste.

Chi invece ha potuto permettersi l'ingresso, magari anche qualche showcooking su prenotazione e l'assaggio di svariate proposte agli stand dei ristoranti (che avevano un costo tra i 5 e i 7 euro più il piatto dedicato a Expo che ogni chef aveva ideato, che invece ne costava 10) si è goduto un evento di tutto rispetto, a mio parere il più interessante tra quelli proposti nella città eterna ogni anno (e, vi assicuro, che sono davvero tanti).

Come anticipato, le proposte - anche quest'anno -  sono state degne degli chef, dei loro locali e della loro fama, degni di nota e di stella/e.

Inizia Andrea Fusco che propone sempre piatti brillanti, in sintonia con il suo locale "Giuda Ballerino" dove si respira un'aria che va oltre il classico stellato e strizza l’occhio alla convivialità giovanile; suo il "Ricordo del mars" che fa stringere il cuore a molti giovani quarantenni che ci son cresciuti, con il mars. 

Poi le donne, che sono due perché alla "solita e stupenda" Cristina Bowerman si affianca la spagnola Alba Esteve Ruiz del Marzapane, che ha sfruttato le sue origini latine per proporre un piatto “world of Taste” di chiara ispirazione iberica, a base di baccalà e chorizo.

La Bowerman invece, ci e mi delizia con la sua tartare di manzo con arancia, capperi, tobiko al wasabi e maionese all‘arancia.

Continuando, come non citare chef Apreda, che ha puntato su sapori esotici. Oltre ai vermicelli di soia al sugo di ricciola e cozze e a un piatto expo ispired con alghe e blend uma-mia anche il suo gnocco alla romana è "asia addicted" (ma il nome reale è "asia express") e prevede una salsa al tuorlo e miso che da personalità a un piatto ben calibrato nei sapori.

Tra i dolci il mio prediletto è la proposta di Marco Martini, che con la sua zuppa inglese risplende di novitá e genio. L’Alchermes, liquore che caratterizza la zuppa, è inserito nel piatto a mo’ di pellicola nonché di schiuma decorativa; copre due noci di crema pasticcera e crema al cioccolato, inframmezzate da meringa e da sfere al frizzy-pazzy che mai ti aspetteresti in un dolce, un dolce pieno di tradizione come la zuppa inglese poi… per far rivivere un dessert storico assoggettandolo alle bizzarrie creative degli chef del XXI secolo. 

Non mi ha convinta, invece, il tropical macaron del Mirabelle che alla fin fine, nonostante tutti gli ingredienti (gojivha e mirtillo colorano un macaron con semifreddo al frutto della passione, glassato con cioccolato al latte jivara e polvere di cocco, il tutto accompagnato da spuma di malibù al cocco) insomma, nonostante tutto… a me è sembrato una rivisitazione manco troppo lussuosa del classico biscotto gelato.

A seguire tanti troppi piatti per poterli nominare tutti senza rischiare di annoiare. Solo una cosa, per concludere, l’augurio di avere un giorno un Taste più a misura di famiglia, meno auto celebrativo e più indirizzato alla gioia del grande pubblico.

 

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