Uno dei mangiari tipici italiani, polenta e baccalà, ha una storia curiosa che vale davvero la pena raccontare. Fino a tutto il Quattrocento in Italia non si conosceva l’esistenza del merluzzo, ed è stato un veneziano a scoprirlo.

Il capitano Piero Quercini era partito da Creta, ma a causa di un naufragio, fu trasportato alla deriva su una scialuppa per molto tempo, fino a giungere, come scrive nel suo diario, “in culo mundi”, ovvero nel nord della Norvegia, oltre il circolo polare artico. Qui, soccorso da alcuni abitanti, scoprì che i pescatori di quelle lontane isole pescavano grossi pesci che poi mettevano a seccare:

“I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale, perché sono pesci di poca umidità grassa, diventano duri come legno. Quando si vogliono mangiare li battono col riverso della mannara, che gli fa diventar sfilati come nervi, poi compongono butirro e specie per darli sapore: ed è grande e inestimabile mercanzia per quel mare”.

È inutile dire che il furbo veneziano comprese subito l’importanza di quel pesce, infatti nel viaggio di ritorno ne portò in patria un cospicuo numero, però solamente nel Cinquecento il merluzzo seccato cominciò ad essere importato.

Nel 1561 i cardinali riuniti al Concilio di Trento poterono assaggiare “pesce stofis”, e fu soprattutto grazie all’azione della Chiesa che il merluzzo, nelle sue varie forme, approdò con successo nel nostro paese. Infatti, secondo la religione cattolica, erano molti i giorni nei quali bisognava mangiare di magro, e il pesce salato, come le acciughe in barile, le aringhe o lo stoccafisso, erano una risorsa importante per tutte quelle zone dove non era possibile avere a disposizione pesce fresco e bisognava ricorrere a quello conservato.

Ma che differenza c’è tra merluzzo, stoccafisso e baccalà? Il merluzzo è il pesce, vivo e vegeto, che si pesca in grande quantità nei mari del nord. Il merluzzo migliore proviene dalla Norvegia, dalla Groenlandia, dall’Islanda e dal Canada, dove trova l’habitat ideale per riprodursi e un mare ricco di plancton per nutrirsi. Viene pescato tramite lunghe lenze che recano centinaia di ami con esche fatte con pezzetti di sgombro. Una volta issato a bordo, il pesce viene decapitato e pulito, avendo cura di conservare uova, fegato e interiora, e le teste, che vengono inviate in grandi quantità al mercato nigeriano.

A questo punto il merluzzo è pronto per trasformarsi in stoccafisso o baccalà a seconda del tipo di lavorazione.

Per diventare stoccafisso il merluzzo deve poter essiccare, per tre mesi, da aprile a giugno, lentamente al sole e al vento, legato a coppie per la coda, e fissato su graticci in riva al mare. Il posto dove si produce il migliore stoccafisso del mondo è in Norvegia, nelle isole Lofoten, che hanno una posizione geografica particolarissima, che consente loro il clima ideale per seccare il pesce. Il baccalà invece è il merluzzo prima lavato nell’acqua di mare, poi salato, quindi conservato in botti. Il centro più importante al mondo per la produzione del baccalà è l’Islanda.

Il baccalà ha sempre incontrato il favore della gente. Nei pressi di Vicenza, a Sandrigo, è attiva una singolare “masnada” di estimatori di questo pesce: la Venerabile Confraternita del Baccalà alla Vicentina, che ogni anno organizza una grande festa per l’investitura di dame e cavalieri. Costoro, come nelle migliori cerimonie cavalleresche, si devono inginocchiare davanti al Gran Maestro, che li consacra con i classici tre colpi, due sulle spalle e uno sulla testa. Ma al posto della spada brandisce… uno stoccafisso!

Photo Credits: Donatella Bucci

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E’ il direttore responsabile e la proprietaria del sito. Laureata in Lettere presso l’Università degli Studi di Milano, giornalista, iscritta all’ASA (Associazione Stampa Agroalimentare), degustatore ONAV e sommelier, è tra i più diffusi autori italiani contemporanei di cucina, studiosa di tradizioni popolari e ricercatrice di storia dell’alimentazione e della gastronomia, con, al suo attivo, un centinaio di pubblicazioni, tra saggistica e manualistica per editori quali Giunti, Mursia, Newton & Compton, De Vecchi, Xenia, ecc. Per anni ha scritto su un quotidiano a diffusione nazionale e su numerose riviste di settore. È presidente del CeSTAEG (Centro Studi Tradizioni Alimentari Eno Gastronomiche). Ragazza madre di undici gatti, vive sui Colli Bolognesi coltivando orto, rose, piante officinali e cucinando tagliatelle per gli amici. Se volete saperne di più visitate il blog: www.casarangoni.it o il sito: www.laurarangoni.com URL del sito web: http://www.laurarangoni.com
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