Archivio Storico 2011-2017

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Che fine ha fatto l'ultimo chef di Montallegro?

15 Dicembre 2011
Christian Nizzardo si racconta al Cavolo Verde
Nel 2001, esattamente dieci anni fa, chiudeva uno dei ristoranti storici alle porte di Varese, la Locanda del Montallegro, sul monte omonimo in Valganna, suggestivo balcone con vista sulle Prealpi varesine. Alla guida dell'ultima gestione era Christian Paul Nizzardo, figlio di Piergiorgio, chef di grido dagli anni Ottanta. Scopriamo insieme chi è, cos'è successo e di cosa si occupa attualmente Chistian.

(int.) Cristian, sei uno chef varesotto di formazione, ma toscano e inglese di natali. Raccontami qualcosa di te, dei tuoi esordi nella ristorazione.

(Cr. Nizz.) Sono nato 37 anni fa a Firenze, dove i miei genitori gestivano il ristorante ' La Spada': qui alla tenera età di 4 anni già aiutavo il rosticciere a spennare le quaglie! Nel 1980 i miei genitori vendono e si trasferiscono a Varese, dove comperano il noto locale 'Il Passatore'. Qui, tutti i giorni, dopo la scuola, andavo a mangiare e a divertirmi con il personale, e intanto imparavo il mestiere osservando i cuochi e i camerieri; a nove anni decisi che sarei diventato un cuoco con l'idea, un giorno, che avrei cucinato per mio padre Giorgio e che avrei aperto il mio ristorante.
Nel 1988 la mia famiglia si trasferì in Inghilterra, a Leeds. Qui i miei aprirono un altro ristorante dove incominciai a lavorare nei weekend e durante le vacanze scolastiche. Proprio a Leeds ebbe dunque inizio il mio apprendistato della cucina italiana; all`età di 15 anni mi iscrissi alla scuola alberghiera. Dopo tre anni di studi e lavori in un paio di altri ristoranti mi trasferii da solo a lavorare a Londra al Savoy Hotel: pur per poco tempo, due anni e mezzo in tutto, ebbi poi la fortuna di incominciare a lavorare nelle cucine del mio idolo Giorgio Locatelli. Nel 1994 che venni per la prima volta a lavorare in Italia, quando mio padre prese la gestione del ristorante del Country Club Il Poggio a Luvinate (Va); qui feci quattro stagioni, con di mezzo uno stage al Peck di Milano e altre cucine in Europa. Nel 1997 ci venne offerta la gestione della Locanda Montallegro, che era chiusa da cinque anni: con mio fratello e il babbo facemmo rinascere un'istituzione varesina con grande passione. Il nostro menu, 'quel che c'è c'è', ebbe un'insperata fortuna ma purtroppo nostro padre morì improvvisamente nel '98.
Con mio fratello Marco continuammo la gestione che ebbe un brusco arresto nel 2001, per una commistione di problemi dovuti sia al sistema politico del varesotto, sia all'ostilità del padrone materiale della locanda. Doverla chiudere con all'attivo 9000 clienti annuali fu un'esperienza devastante che mi creò seri disagi psicologici. Al tempo ero anche vicepresidente dell'A.G. R. (Associazione Nazionale dei Professionisti del settore della Ristorazione), da cui però non ebbi proprio alcun aiuto concreto.

(int.) Facciamo un passo indietro. Cosa ha rappresentato per te la Londra della tua formazione?

(Cr. Nizz.) Londra agli inizi degli anni '90 stava diventando la capitale culinaria mondiale. Ebbi la fortuna di lavorare con un grande maestro, anche lui varesino ma emigrato a Londra, Giorgio Locatelli, che ebbe il merito di creare una cucina regionale italiana ma con un 'twist' in più; nel frattempo la capitale britannica sfornava talenti come Marco Pierre White, l'enfant terrible della gastronomia inglese, l'apripista di un'intera generazione di cuochi considerati come delle star (Jean Christophe Novelli, Gordon Ramsay ecc): erano i tempi della cucina 'creative', perciò per un aspirante chef come il sottoscritto Londra rappresentava la mecca della ristorazione. E' importante anche spiegare che il cliente inglese è meno conservatore di quello italiano: in Italia si vive per mangiare, mentre qui, come dire, c'è più possibilità di sperimentare ricette nuove; dato poi il passato coloniale inglese, a Londra si trovano ingredienti da tutto il mondo, perciò siamo nel regno della cucina fusion che per un ragazzo che si deve formare è come essere nel paese dei balocchi.

(int.) Che idea ti sei fatto della cucina inglese?

(Cr. Nizz.) Devo confessare che, nonostante tutto, la cucina inglese non è fra le mie preferite, anche se ammetto che negli ultimi vent`anni ha avuto una grande rinascita grazie anche alle televisioni che hanno prodotto dei programmi culinari di eccellente livello; è anche grazie a questo tipo di trasmissioni (come quella dell'osannato Jamie Oliver) che la cucina inglese si è aperta alla sperimentazione. Oggi gli chef britannici di formazione classica sono di molto migliorati grazie all'esempio, alla scuola, ai libri spettacolari di queste star televisive che prima ancora sono grandi sul campo. Insomma, è un ambiente stimolante e sempre in fermento, quello dell'attuale cucina inglese.

(int) Parlaci di te nel presente. Che tipo di percorso stai seguendo ora e in particolare per chi lavori e per quale obiettivo stai studiando?

(Cr. Nizz.) Al momento mi occupo di consulenze alberghiere con la mia piccola ditta 'NOSOTROS SPECIALIST'. Inoltre, con l`appoggio dell'Università di Leeds e della scuola alberghiera che fa capo al college Thomas Damby, sempre di Leeds, sto creando un'organizzazione di beneficienza di nome 'COOKING WITH NUTS' che nasce con l`obbiettivo di reinserire nel mondo della ristorazione persone con disabilità sia di mente che fisiche, perché si possa un giorno abolire lo stigma che si ha verso chi è stato più sfortunato.

(int) Hai intenzione di tornare in Italia?

(Cr. Nizz.) No. Decisamente la mia nuova patria è lo Yorkshire, che mi permette di fare dei progetti che in Italia sono impensabili. Qui tutto è più facile, dalla gestione di un business alla creazione di progetti di beneficienza. Dopo l'enorme delusione che ebbi in Italia con il Montallegro, non mi vedo proprio a lavorare nel Bel Paese, a meno che non cambi l'antifona per cui è più importante chi conosci di quello che sai fare; e nel dirlo sappi che mi piange il cuore, dato che amo la cucina italiana e sono italiano di formazione.

(int.) Non tornerai dunque in Italia: ma in cucina sei rimasto italiano?

(Cr. Nizz.) Quando cucino mi piace rispettare le ricette classiche sia inglesi che italiane; spesso però mi lancio nella sperimentazione, tentando la fusione delle due cucine tra loro, e aggiungendoci anche elementi di altre gastronomie. Una delle ricette-simbolo di questa mia passione sono i fiori di zucca ripieni di zucca e amaretti con tempura allo zafferano.
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