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Pietro Parisi, lo chef contadino

10 Settembre 2014

passione, talento, gusto e tradizione

Pietro Parisi, ormai noto come chef contadino, ha già fatto conoscenza con il pubblico di Cavolo Verde nel 2012, quando è salito alla ribalta delle cronache gastronomiche per aver fatto un percorso lavorativo al contrario.

Infatti, dopo un'importante formazione con grandi maestri della cucina e tante esperienze lavorative rilevanti nel mondo, è tornato nella sua terra d' origine, Palma Campania in provincia di Napoli, per dare vita ad una preziosa  opera d'arte, un delizioso ristorante, " Era Ora" in cui ha generosamente coniugato passione, talento, gusto e tradizione.

La sfida più significativa , però, è stata a scelta del Km zero, ovvero affidare completamente il carnet dei suoi ingredienti ai contadini e produttori locali dando valore non ai suoi menù, ma anche ad un'economia territoriale.

In un periodo in cui la parola ed il fatto "crisi" stanno travolgendo e spesso distruggendo numerose imprese italiane, Pietro allora ha avuto il coraggio di opporsi a tale decadimento, combattendo con tenacia e soprattutto credendo nel "Made in Italy", affinchè quest'ultimo non si perda e con esso anche la nostra storia ed il nostro futuro.

Questi sono i motivi per cui l'abbiamo voluto incontrare di nuovo, sicchè fosse d'esempio, anche alle nuove generazioni, sempre più disilluse e sfiduciate dai fatti.

D) Ciao Pietro, si parla tanto dei tuoi boccaccielli, vuoi spiegare cosa sono e perchè sono nati?

R) Nel 2012 nasce il marchio i Boccaccielli, che riprende un po' la mia storica ricetta e concetto della parmigiana a vapore che mi accompagna dal 2005 e che fino ad oggi è uno dei piatti e ricette di gran successo e fonte di ispirazione per alcuni. I boccaccielli nascono per una cosa molto semplice: avevo voglia e desiderio di portare fuori confine le nostre ricette ma cercare di far avere le stesse sensazione olfattive e di gusto uguali sia che ti trovassi America e sia a chi era a Dubai. Grazie al boccacciello è possibile: in questo contenitore riusciamo a racchiudere queste sensazioni e al momento che lo vai ad aprire riesci a vivere le stesse emozioni ovunque tu ti trovi. L'artefice di tutto è mia nonna Nannina, con i suoi racconti e i suoi gesti tipici della cucina di traduzione contadina. La cosa più bella è stata quando la nostra parmigiana era presente come eccellenza italiana nella business Class della America Airlines:  è stata una bella soddisfazione veder volare a tante miglia di altezza una piatto semplice con dietro una rete di contadini.

D) un'altra tua novità è il "fast food", ovvero un big menù a km 0, di che si tratta?

R) Il mio chiodo fisso è quello di portare i giovani sulla rotta del buon cibo. So bene che è una vera impresa ma se riusciamo a presentare dei piatti che attirino la loro attenzione forse ci possiamo riuscire. Certo, dobbiamo anche adattarci alle loro tasche, così ho pensato ad un menù panino ma con prodotti del territorio ed allo stesso prezzo che magari ti offre una multinazionale del fast food. Devo dire che la cosa è stata molto interessante e molti giovani sempre di più incominciano a incuriosirsi e ad apprezzare questa nostra scelta.

D) che ci fai Pietro in Oman?

R) in Oman abbiamo dato un contributo a far conoscere la reale ed autentica  cucina italiana aprendo tre strutture con cucina italiana. Certo la cosa non è semplice perché purtroppo la cucina italiana fuori dal nostro confine viene un po' troppo martirizzata e far capire la rotta giusta è cosa assai difficile. Ma certamente con un po' di sacrificio ci riusciremo.

D) Vedo che la tua "impresa impossibile", come la definisce Corrado Formigli nel suo libro, va avanti con successo e dedizione, ma effettivamente quali sono gli ingredienti giusti per tutto ciò?

R) dopo dieci anni la nostra impresa all'inizio impossibile incomincia a prendere forma. Devo dirti che all'inizio non è stata cosa semplice e non sono mancati i momenti di sconforto. Intorno a me ho avuto una grande squadra e sopratutto una grande famiglia. Ancora oggi esistono momenti di difficoltà ma li superiamo. Sono certo che dobbiamo ancora tanto a questa terra e soprattutto a chi negli anni passati, come Nannina e altri contadini, a questa terra hanno creduto e per anni hanno zappato. Va dato loro merito e messo in luce i loro grandi sacrifici. Abbandonare il territorio significherebbe solo impoverirlo e questo non mi piace: voglio essere orgoglio di chi per anni ha zappato la terra per farmi crescere e lo stesso vorrò per mia figlia, siamo dei contadini, non ci servono discorsi o altro. I contadini comunicano con i volti e soprattutto con il cuore.

D) che consiglio ti senti di dare a chi muove i primi mestoli nel mondo della ristorazione?

R) Oggi i giovani sono molto confusi, soprattutto non vedo più ragazzi con voglia di fare sacrifici ma gente che vuole diventare star e l'aspetto cromatico del piatto è più importante del gusto e del prodotto. A mio avviso credo che prima vadano messi in risalto i prodotti e si debba dare piena visibilità a quello che abbiamo intorno a noi. Dobbiamo imparare a comporre un piatto con il metro e sposare i prodotti che hanno fatto meno cammino. Solo così potremmo riuscire ad avere grande qualità, sostegno al territorio e grandi professionisti.

D) in questi giorni si parla spesso degli spaghetti al pomodoro come piatto simbolo dell'Italia nel mondo, ci regali la tua ricetta?

R) Il mio spaghetto al pomodoro è un piatto veramente semplice. Mia Nonna mi insegnò che il pomodoro è un'emozione e soprattutto quando va cucinato, lei non me lo faceva mai tagliare. Soffriggeva lo spicchio di aglio in camicia, prendeva i pomodori interi e basilico  e li copriva con un coperchio, li faceva scoppiare e poi ci buttava la pasta dentro. Spegneva il fuoco e amalgamava per circa 2 minuti. Gli spaghetti si legavano così tanto che il sugo si aggrappava alla pasta e quando finivi di mangiare il piatto era sempre lucido.

© per le foto ADVERSA per Pietro Parisi (Si ringrazia Pietro Parisi per gentile concessione)

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