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Andrea Pinzan: testa nel pallone, mani in pasta

22 Novembre 2012
Da calciatore a pasticcere! Cambiare è possibile
C’è una pasticceria a Montagnana famosa non solo per la bontà dei suoi dolci, ma anche per la sua storia. Una storia fatta di abilità, intraprendenza, innovazione e dedizione completa al lavoro. È la storia di tante realtà economiche, ma questa si distingue per un fatto curioso. Da due anni il titolare non è più Giorgio Cuccato, figlio dei fondatori, ma il genero Andrea Pinzan. Cosa c’è di strano, direte voi? La cosa insolita è che Andrea per dieci anni ha fatto il calciatore, il portiere per la precisione. Il fisico c’è tutto; credo possa essergli utile anche per fare il pasticcere. È un lavoro per fisici forti, né più né meno di quello di atleta. L’ho intervistato per voi.

Andrea, grazie per aver accettato di rispondere ad alcune domande sulla tua attività di calciatore e pasticcere. Due realtà che, a prima vista, appaiono lontane e quasi inconciliabili, ma che tu hai saputo coniugare con successo. Per prima cosa vorrei chiederti: come hai iniziato la tua carriera di calciatore?

Ho iniziato all’età di 5 anni, per gioco, come tanti bambini. Poi ho continuato a giocare fino a 33 anni. Dieci anni da professionista tra Serie B, C1, C2 e , per finire, in LND.

Il tuo lavoro ti ha portato a vivere in città diverse. Ce n’è una in particolare che ti lasciato dei ricordi, sia belli che meno piacevoli?

La città che ricordo con maggior piacere è senza dubbio Trieste. È la squadra che mi ha dato più soddisfazione. È in questa bellissima città che ho iniziato a giocare da professionista. Sono stati cinque anni esaltanti. Abbiamo vinto due campionati di fila, arrivando alla promozione in serie B. Un periodo indimenticabile.

Cosa ti ha spinto, ad un certo punto, a lasciare il calcio per il tuo attuale lavoro? Qualche delusione nella gestione dei club per cui hai giocato, oppure qualcosa legato alla famiglia?

La famiglia ha sicuramente influito sulla mia decisione di abbandonare il calcio per una professione che mi permettesse di essere più vicino a casa. I bimbi vanno messi al primo posto. L’amore per i miei famigliari mi ha spinto a scegliere un’attività più stabile.

È stato quindi Il matrimonio e poi la nascita dei figli a influire sulla tua decisione. Qualche rimpianto?

Nessun rimpianto; mia moglie e i miei figli sono troppo importanti per me. La mia nuova vita mi soddisfa completamente.

Come è cambiata la tua vita? Riesci ancora a giocare?

È completamente cambiata; ho provato a giocare a Legnago in LND. Ho resistito un anno e mezzo, ma il ritmo è lo stesso dei professionisti: allenamenti alle tre del pomeriggio. Per me, che mi alzo alle 5 e un quarto, era insostenibile così ho deciso di appendere le scarpe al chiodo.

La pasticceria è un’arte che necessita di precisione, padronanza delle tecniche e conoscenza delle materie prime. In genere sembra destinata più agli uomini che alle donne. Secondo te per quale ragione?

Penso che, al di là delle caratteristiche necessarie per essere un buon pasticcere che possono appartenere sia all’uomo che alla donna, la pasticceria sia un lavoro che è diventato “maschile” per eccellenza per ragioni pratiche. È più difficile per una donna dedicare molto tempo a questo lavoro, soprattutto se è anche mamma. Lasciare la casa prestissimo alla mattina quando ci sono i bambini da accudire, mandare a scuola e seguire è difficile. Lo so, sembra una discriminazione, ma la mamma è una figura troppo importante per i figli piccoli. In laboratorio ho una collaboratrice-mamma molto brava, ma i suoi orari sono diversi dai miei, più flessibili, proprio per poter seguire anche la famiglia.

Come sei riuscito a raggiungere in pochi anni il livello di qualità che hai ottenuto? Chi ti ha aiutato in questa “impresa”?

La pasticceria Cuccato è stata fondata nel lontano 1940 da Bruno e Iride, i genitori di Giorgio, mio suocero. È stato lui a prendermi per mano e ad insegnarmi tutto quello che ha acquisito in quarant’anni di esperienza. È stato un maestro eccezionale! Per me era tutto nuovo, ma mi sono buttato a capofitto; è un’arte che mi ha affascinato subito perché, pur essendo una disciplina precisa, permette anche di esprimersi liberamente con la fantasia. Ho un’eredità importante da onorare e portare avanti; spero di essere all’altezza di chi mi ha preceduto.

Consiglieresti questo lavoro ai giovani anche se sappiamo che prevede alzate all’alba e una dedizione quasi totale?

Penso che doversi alzare presto e anche il dover lavorare nei giorni di festa, sia una cosa che blocca i ragazzi a svolgere questo lavoro. Ma senza sacrifici nella vita non si ottiene nulla. Io, comunque, a lavorare di sabato e domenica ero già abituato!

Qual è il dolce che più ti rappresenta e che ti ha dato più soddisfazione?

Senza dubbio il Pandolce di Ezzelino. È una nostra esclusiva. È stato ideato da mio suocero come dolce di Montagnana. All’inizio era venduto quasi esclusivamente durante il Palio dei 10 Comuni che si svolge da 35 anni nella prima domenica di Settembre. Adesso lo vendiamo tutto il tempo dell'anno. Ultimamente ci sta dando grosse soddisfazioni. È, forse, il nostro dolce più venduto e gradito.

Puoi regalare una ricetta a noi del Cavolo Verde? Non troppo difficile, però!

Vi consiglio un dolce semplice e adatto alla stagione: il Pan di mais.

Ingredienti:
burro 100 gr.
Zucchero 50 gr
2 tuorli
farina bianca 00 150 gr
farina gialla 50 gr
lievito in polvere gr 6
uvetta gr 50

Unire burro e zucchero amalgamando bene, aggiungere i tuorli, quindi le due farine e il lievito. infine l’uvetta ammollata e asciugata. Vi risulterà un impasto sodo da dividere in palline non troppo grandi, circa 5 cm di diametro. Cuocere in forno a 180 gradi per 15 minuti.

Grazie, Andrea della tua disponibilità e della tua simpatia. Complimenti per il coraggio che hai dimostrato nel saperti mettere in gioco e un grosso “in bocca al lupo” per la tua attività.
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