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Il tartufo, un tesoro sotto terra.

04 Novembre 2010
Sulle tracce del preziosissimo
Il tartufo è un fungo ipogeo, cioè sotterraneo, che vive in simbiosi con alcuni alberi tra cui il nocciolo, il pioppo e la quercia. Questi alberi, attraverso la sintesi clorofilliana, sintetizzano il nutrimento necessario per le crescita del tartufo contemporaneamente a quella delle proprie radici.
Il tartufo si trova a profondità che variano dai 10 cm al metro, e si presenta come una massa gibbosa, dalla scorza ruvida oppure levigata, di colori che vanno dal bianco al nero, con varie sfumature intermedie ocra o rossastre. La polpa è di consistenza variabile a seconda della tipologia, ed è formata essenzialmente da un fascio di filamenti carnosi, solitamente di colore più chiaro rispetto alla scorza. Le dimensioni variano molto, a seconda del momento di raccolta e dell’afflusso di nutrimento, e possono partire da pochi grammi per superare ampiamente il chilo di peso.
Il caratteristico odore raggiunge la sua massima intensità nel momento di completa maturazione, dopo il quale se il tartufo non viene raccolto inizierà il processo di decomposizione.
Colore, sapore, odore dipendono dalla tipologia, ma anche dall’albero “ospite”, sotto il quale cresce il tartufo.
Questo particolarissimo tubero ha una storia misteriosa ed affascinante, in quanto non si è mai capito realmente quali siano le condizioni che ne provocano la formazione. L’unica certezza fino ad oggi raggiunta è che il tartufo cresce in boschi sani, privi di inquinamento, nel punto dove il bosco stesso raggiunge il massimo del suo sviluppo. Il fatto che non cresca in terreni inquinati è uno dei motivi per i quali questo fungo è sempre più raro.
Conosciuto sin dai tempi più remoti come cibo per le classi elevate, il tartufo ha mantenuto prezzi elevatissimi, legati essenzialmente alla sua rarità ma anche al fascino che da sempre esercita sul mondo della gastronomia. Il suo sapore è unico tra gli alimenti, e da sempre gli chef di tutto il mondo si contendono i tuberi più pregiati, con somma felicità dei “fungaioli” ai quali la fortuna consente di trovarli, che li vendono è proprio il caso di dirlo “a peso d’oro”.
Di norma, l’alleato ideale per la caccia ai tartufi è il cane, solitamente appartenente alle razze da caccia di piccola taglia (quelle un tempo usate per la caccia in tana), che viene addestrato sin dalla più tenera età a riconoscere e scovare i preziosi tuberi. Tuttavia, molti cercatori utilizzano anche i maiali, il cui olfatto non ha niente da invidiare a quello dei cani.
Non tutti sanno che TUTTI i tartufi pregiati vengono dall’Italia. Infatti il Belpaese vanta il primato assoluto nel ritrovamento di tartufi. In Europa si sono diffuse solo le specie poco pregiate, ma sembra accertato che il tartufo prediliga i boschi italiani. E’ diffuso principalmente in alcune regioni tra cui Toscana, Piemonte, Emilia Romagna ed Abruzzo.
Le caratteristiche nutrizionali di questo singolare alimento sono degne di essere annotate. Infatti, pur avendo un basso contenuto in vitamine, lo ha elevatissimo in sali minerali, tra i quali troviamo in buone quantità calcio, ferro, potassio e magnesio, oltre a molti altri presenti in tracce. Ma è il contenuto proteico che sorprende. Infatti, è pari a quello della carne rossa, al punto che il tartufo è stato ribattezzato “carne vegetale”. Grazie all’elevata quantità di oli essenziali che contiene, gli sono state attribuite proprietà stimolanti per la digestione e l’apparato gastrointestinale in genere. Non è un alimento dietetico, anzi è piuttosto calorico, benché composto al 70% d’acqua. Tuttavia le quantità utilizzate nelle preparazioni gastronomiche sono talmente minime che questo alimento non rappresenta un pericolo per i regimi ipocalorici. Infatti, il tartufo viene utilizzato essenzialmente per aromatizzare i cibi, a causa del sapore di solito piuttosto intenso, e va aggiunto all’ultimo momento per non alterarne il particolarissimo aroma. Non necessita di condimenti, salvo al limite un filo d’olio extravergine d’oliva di ottima qualità, e andrebbe lavato, esattamente come i funghi, solo nel momento in cui deve essere utilizzato. Infatti, l’eccesso di umidità ne favorisce la decomposizione. Il sistema più usato dagli chef è tenerlo in ammollo qualche minuto in acqua fredda, poi asciugarlo perfettamente con un canovaccio pulitissimo e utilizzare una spazzolina a setole morbide per eliminare ogni residuo terroso.
Il tartufo non va sbucciato, infatti la scorza è commestibile ed anzi spesso è la parte più saporita ed aromatica. Per la conservazione casalinga dei tartufi si consiglia di avvolgerli uno per uno in carta assorbente (la classica carta da cucina) e di riporli nel vano meno freddo del frigorifero in un vaso a chiusura ermetica. La carta andrà sostituita ogni giorno e il vaso andrà asciugato ad ogni apertura. E’ importante che il vaso sia ermetico, perché altrimenti l’odore intenso del tartufo contaminerà qualsiasi alimento presente in frigorifero, persino i dolci. Se i tartufi non possono essere consumati entro qualche giorno dalla raccolta, allora l’unico sistema è congelarli avvolti in un sacchetto di carta, come quelli del pane, e poi in un sacchetto di plastica sempre a chiusura ermetica. In questo caso potranno resistere molti mesi, ma andranno utilizzati immediatamente dopo essere stati scongelati. Quindi, scongelatene soltato la quantità che vi serve.
Secondo la fantasia popolare, il tartufo ha proprietà afrodisiache. Benché tale tesi non sia per adesso supportata da basi scientifiche, è comunque provato che il tartufo presenta tracce di serotonina, l’ormone del buonumore, e che l’elevata quantità di oli essenziali abbia poteri vasodilatatori.
Un altro punto di forza del tartufo sta nel suo intenso profumo, che racchiude un mix di odori di bosco e terra. Questi odori “attivano” la membrana nasale che diventa molto più recettiva anche agli “odori” del partner, predisponendo favorevolmente all’incontro amoroso. Infine, sembra che il tartufo contenga, anche se solo in tracce, sostanze steroidee simili agli ormoni sessuali, che attivano i feromoni presenti nel sangue, dando origine ad una serie di reazioni fisiologiche che si ripercuotono sull’olfatto, liberando sostanze che attirano il partner.
Tutto questo, unito alla suggestione, provoca un effetto euforizzante in coloro che hanno la fortuna di mangiarlo. Seppure fosse soltanto diceria, la fama di afrodisiaco ha aggiunto fascino alla storia di questo alimento, che già greci e romani consideravano un dono degli dei, in quanto frutto dell’unione tra l’acqua, la terra e i fulmini.

Vediamo adesso i tartufi più diffusi, sia in commercio che nei nostri boschi.

- Tartufo Bianco “pregiato”.
Ha la scorza liscia, color giallo pallido talvolta sfumato di verde a seconda del grado di maturazione. La polpa è marrone più o meno intenso, con sfumature che vanno dal nocciola al rosso sangue, e con venature sottili, chiare e numerose. Queste venature scompaiono in cottura.
Il profumo è tenue e gradevole, e matura da ottobre a dicembre.
E’ anche detto “Tartufo di Alba o del Piemonte”, in riferimento alla regione di maggior diffusione.

- Tartufo Nero “pregiato”.
Ha la scorza nera molto rugosa, con piccole verruche appuntite. La polpa è nera tendente al violaceo a seconda del grado di maturazione, con venature bianche che all’aria si ossidano prendendo un colorito rossastro, e che diventano nere in cottura.
Il profumo è gradevole, più intenso del tartufo bianco ma comunque delicato, e matura da novembre a marzo.
E’ detto anche “Tartufo di Norcia o di Spoleto”, in riferimento alla località di maggior diffusione.

- Tartufo Moscato.
Ha la scorza nera con verruche piatte piuttosto grandi. La polpa è scura con venature bianche piuttosto grosse. Questo tartufo resta piccolo, infatti le sue dimensioni non superano mai quelle di un uovo. Il nome è dovuto al profumo che ricorda, appunto, quello dell’uva da moscato.
Il sapore è leggermente piccante, e matura da febbraio a marzo.
E’ diffuso specialmente in Piemonte, Veneto e Lombardia.

- Tartufo d’Estate.
Ha la scorza nera, con verruche appuntite piuttosto grandi. La polpa va dal giallo al color bronzo, con venature chiare e ramificate. Queste venature scompaiono in cottura.
Ha il profumo piuttosto tenue, il che lo rende un tartufo di valore commercialmente abbastanza basso. Matura da giugno a novembre, ma inizia a sparire a settembre, da cui il nome.
E’ anche detto “scorzone”, perché di tutti i tartufi è quello con la scorza più spessa.

- Tartufo Uncinato.
Ha la scorza nera, con verruche numerose ma poco sviluppate. La polpa va dal color nocciola più o meno intenso al color cioccolato, con venature chiare e ramificate. Il nome è dovuto al fatto che questa particolare varietà presenta spore uncinate, e infatti è soprannominato “Tartufo dei Cinghiali”. Questo perché i cinghiali, che sono ghiotti di tartufi, scavano il terreno con il muso per cibarsene. Le spore si attaccano al pelo, e il mammifero contribuisce così alla distribuzione del tartufo.
Il profumo è intenso e gradevole, e matura da settembre a novembre.
E’ anche detto “Tartufo di Fragno”, in riferimento alla località di maggior diffusione.

- Tartufo Nero “d’inverno”.
Ha la scorza che va dal rosso scuro al nero, a seconda del grado di maturazione, con verruche grandi e appuntite. La polpa va del grigio-nero al violaceo, con venature bianche molto marcate che spariscono in cottura, facendo assumere a tutta la polpa un intenso color cioccolato.
Emana poco profumo, quindi non è considerato molto pregiato, e matura da gennaio a marzo.

- Tartufo Bianco “marzuolo”.
Ha la scorza biancastra, con sfumature rossastre o rosate a seconda del grado di maturazione. La polpa è chiara, con sfumature che vanno dal rossastro al violaceo, e presenta venature numerose, sottili e ramificate.
Il profumo è delicato, con un sentore d’aglio, e matura da gennaio ad aprile con la massima diffusione a marzo, da cui il nome.
E’ anche detto “Bianchetto”, per via del colore, ed è considerato meno pregiato del “Tartufo di Alba”, benché sia comunque molto apprezzato a livello gastronomico.

- Tartufo Nero “liscio”.
Ha la scorza color marrone-rossastro, liscia, con poche verruche piuttosto infossate. La polpa è marrone con sfumature purpuree, e presenta venature numerose, chiare e piuttosto larghe, che all’aria si ossidano assumendo un colore brunito.
Il profumo è intenso ma gradevole, con un forte sentore d’aglio, e matura da agosto a ottobre.
Una curiosità. Poiché cresce negli stessi terreni e più o meno nelle stesse zone, e ha odore molto simile ma più intenso, questo tartufo è considerato la mutazione autunnale del “marzuolo”.

- Tartufo Nero “ordinario”.
Ha la scorza nera con piccole verruche, e la polpa si presenta chiara con colori che vanno dal giallastro al bruno a seconda del grado di maturazione. Ha venature chiare che scompaiono in cottura.
Il profumo è gradevole ma molto tenue, e matura da settembre a maggio.
Come suggerisce il nome, è il tartufo più comune.

Una nota di tipo pratico. Non esistono tartufi velenosi, ma chi decidesse di tentare l’avventura come “tartufaro”, verifichi prima la legislatura regionale e comunale in tema di boschi e salvaguardia ambientale. A causa della sua rarità infatti, il tartufo è tutelato da leggi simili a quelle per la caccia che ne regolamentano la raccolta. Prestate attenzione. E buona fortuna!
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