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TRENTODOC, lo spumante di montagna

18 Ottobre 2014

Viaggio di una bollicina dall’Italia alla Francia, in prima classe, con la Dame. La seconda tappa del nostro viaggio prevede un altro pit-stop, per un’altra eccellenza italiana del metodo classico.

 

Una storia lunga un secolo

Nel 1902 un cantiniere trentino, un “certo” Giulio Ferrari, dopo aver compiuto i suoi studi all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, e dopo avere vissuto e toccato con mano la produzione del vino nella regione dello Champagne (a Reims ed Epernay), torna in Trentino con un sogno nel cassetto: creare uno “champagne” italiano, convinto del fatto che il terroir del Trentino, la sua terra, potesse essere assimilabile alla Champagne.

Diede quindi origine alla sua azienda spumantistica con la produzione di un vino ottenuto con le uve classiche utilizzate in Champagne: chardonnay e pinot nero.

Nel 1906, a Milano, gli venne conferita la medaglia d’oro per le produzioni di talento e di merito con lo spumante GrandCrémantImpérial Maximum Sec G. Ferrari & C.

Dopo aver creato quindi l’azienda ed esser passato da una produzione di 300 bottiglie iniziali a 2000, nel 1953 decide di cedere la sua azienda alla famiglia Lunelli.

Territorio

Le caratteristiche del suolo, la varietà del clima e, da non dimenticare, le altitudini del Trantino, posizionano il Trentodoc fra i migliori spumanti italiani.

10.000 ettari, di cui l’8% coltivati con uva base spumante, che regalano una produzione di 8 milioni di bottiglie all’anno esclusivamente di metodo classico.

Già perché le altitudini di quest’area italiana, rendono possibile la coltivazione della vite con chardonnay, pinot bianco e pinot nero che, per via del clima rigido, riescono a mantenere le loro caratteristiche di freschezza e acidità: componenti fondamentali per la riuscita di un metodo classico di qualità.

Un marchio inconfondibile

Il marchio, riportato su tutte le bottiglie che lo propongono, deriva dalla unione del nome della città, cuore della regione, Trento, con la parola DOC (Denominazione di Origine Controllata ottenuta nel 1993), che indica la classificazione del vino all’interno delle graduatorie italiane dei vini di qualità.

Il disegno delle due “o” che si intersecano mette in risalto una delle fasi esclusiva e propria della produzione del metodo classico: il remuage, ossia l’operazione manuale di rotazione delle bottiglie sulla pupitre (cavalletti di legno a forma di V rovesciata) eseguita manualmente dai produttori di Trentodoc (e in genere da chi produce il metodo classico ancora a mano).

Vitigni

Chardonnay e Pinot nero, Pinot bianco e Meunier sono i grandi protagonisti del Trentodoc, favoriti dalle condizioni climatiche del posto.

Lo Chardonnay è il vitigno maggiormente utilizzato perché in Trentino ha trovato l’ambiente ideale per crescere e conferire al vino quelle caratteristiche strutturali e di longevità indispensabili per produrre uno spumante di qualità.

Il Pinot nero è un vitigno antico che si è adattato alle condizioni climatiche del Trentino ma richiede una cura molto attenta. Al vino conferisce caratteristiche di struttura e corposità.

Il Pinot bianco e meunier sono meno frequenti ma non per questo dimenticati e arricchiscono il Trentodoc con profumi e aromi fruttati.

La pergola trentina

La viticoltura trentina è sempre stata legata alla pergola che è tuttora il metodo di allevamento della vite maggiormente diffuso. 

Questo sistema è nato in Trentino perché permette, in quei climi rigidi, un’adeguata esposizione solare alle vigne, coltivate nella maggior parte dei casi su terreni in pendenza. 

Inoltre, la pergola permette le sistemazioni dei terreni sui terrazzamenti e facilita, garantendo un buon risultato, le operazioni di potatura e di legatura dei tralci.

 

 

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