Archivio Storico 2011-2017

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Nè caldo, nè fresco. Non facciamoci ingannare dalle pseudotemperature

18 Marzo 2011
L'enologichese per tutti
Può un vino rosso di medio invecchiamento essere fresco?
Altrettanto, è possibile che un vino bianco mediamente giovane sia caldo?
Ebbene, sì! E anche più spesso di quanto non si pensi!
Paradossi del vino?
No, semplici giochi di terminologia.

Il lessico enologico è ricco di quelle che i britannici definiscono trap words, parole che ammiccano a un significato e poi ti conducono da tutt’altra parte.

Penso a quante volte ci siamo domandati come mai un vino rosso maestoso abbia deciso di chiudersi in casa, evitando ogni contatto con il mondo esteriore (si è “barricato”).
Oppure, è possibile che qualcuno si meravigli nell’apprendere che un vino privo di qualsiasi percezione zuccherina, sia secco e non semplicemente amaro!
E ancora, il vino magro è quello contenuto in una bottiglia alta e snella oppure quello inaccettabilmente povero di struttura?

Come proviamo gusto a complicarci la vita, a volte…

Ebbene, anche il terreno delle pseudotemperature è irto di pericoli!

Il vino caldo non è quello che abbiamo scordato fuori dal frigorifero, magari in pieno sole o in prossimità di una fonte di calore.
Men che meno è il vin brulé…

Lo (pseudo)calore di un vino si riferisce alla sensazione tattile che viene generata dalla presenza dell’etanolo, l’alcol primario del vino, a contatto con la superficie dello stomaco: l’azione disidratante propria dell’alcol mima un effetto di rialzo termico, tanto più marcato quanto più elevato è il tenore alcolico della bevanda.
Anche un vino bianco strutturato e dotato di grande impatto alcolico, pertanto può – anzi, deve! – essere definito caldo.

Il “calore” quindi è virtuale e non reale: non ha nulla a che vedere con la temperatura di servizio del vino, ma è la descrizione di una sensazione soggettiva prodotta dall’azione fisica del fluido che scorre sulle mucose del nostro apparato gastrointestinale.

Il trucco, ormai svelato, si applica altrettanto bene al termine “fresco”: con questo non ci si riferisce al vino appena estratto dal frigo o da una cantina ben climatizzata.

La freschezza è una sensazione gustativa, conseguente all’azione degli acidi del vino: questi, a contatto con la mucosa della bocca, stimolano le ghiandole salivari a secernere abbondante saliva. Il risultato è un piacevole effetto rinfrescante.
Per capire meglio, chiudete gli occhi e immergete – con la fantasia – i denti in un succoso limone tagliato…ecco!

Più un vino è acido, più dà freschezza: in questo senso, anche un rosso invecchiato servito a 20 gradi può essere fresco se, nel suo affinamento, ha conservato un’adeguata componente acida a corredo delle sue caratteristiche organolettiche.

La prossima volta che al ristorante ordineremo un vino “molto fresco”, ricordiamoci di non stupirci se, al posto del cestello del ghiaccio, vedremo arrivare un Asprinio di Aversa!
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