Archivio Storico 2011-2017

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Lo Champagne: noblesse oblige

28 Gennaio 2011
Lo Champagne è l’essenza stessa della joie de vivre
Gli addii sono sempre difficili.
Specie se carichi di nostalgia.

Siamo giunti purtroppo all’ultima delle degustazioni del ciclo DEGUST organizzato da Luca Castelletti.

Si chiude, noblesse oblige, con il vino francese che più di ogni altro assurge a simbolo della storia, della passione e del territorio di Francia: lo Champagne.

Chi altro, infatti, sa coniugare in modo analogo la genialità della sua realizzazione con l’espressione massima e inequivocabile di terroir?

Lo Champagne non è neanche più un “vino”, è un concetto che trascende questa definizione. Si pensi al clamore suscitato ad ogni sua apparizione nei calici di tutto il pianeta.

Lo Champagne poi è l’essenza stessa della joie de vivre, del momento della festa e della celebrazione.

Luca ci propone un ricchissimo assortimento di tipologie e di uve impiegate.

Si parte con un Pinot Meunier in purezza di Poissinet & Fils.

E’ l’incipit ideale per una serata meravigliosa.
C’è chi lo definisce “femminile”, perché esibisce note aggraziate e suadenti; in effetti, tra i sette vini proposti, è il più carezzevole e delicato, con caratteri di gioventù.
Ecco allora spiccare la sapidità, accompagnata da un’adeguata freschezza gustativa; la persistenza è contenuta.
Il profumo che cosparge nell’aria è di torta di mele appena sfornata.
In una parola: beverino.
E difatti non ne avanza una sola goccia…

Poissinet produce anche l’estremo opposto della gamma.
Uno Champagne più “maschio”, esclusivamente da uve Chardonnay.
La freschezza è più netta, così come la sensazione salmastra e la persistenza è notevolmente più pronunciata.
Qui al naso ci delizia il pandoro al burro.

La stessa azienda chiude con i fuochi pirotecnici.
Assaggiamo uno spettacolare Rosé realizzato principalmente con Pinot Meunier e una piccola percentuale di Chardonnay.
Si va totalmente fuori dagli schemi conosciuti.

L’impatto olfattivo è straordinario, quasi violento. Colpisce la nota di polvere da sparo (fusil, come dicono i Cugini d’oltralpe) e di idrocarburi. Cui si mischia poco dopo una delicata fragolina di bosco e, a lungo andare, la buccia di cipolla rossa.
Al gusto è opulento, grasso. Masticabile, quasi.
La sapidità è di minor rilievo.

Con questi primi vini, trova perfetta rispondenza gustativa la piovra servita con purée di patate preparata da Scilla.
Il piatto è la conferma – semmai ce ne fosse ancora bisogno – che la classe di uno chef si denota proprio nell’innata capacità di render indimenticabile una pietanza sulla carta semplice.


I successivi vini provengono dall’azienda Jean Michel e anch’essi sono testimonianza della potenzialità estremamente variegata dei terreni e delle uve champagnotte.

Degustiamo prima un’annata 2004 a base Meunier e Chardonnay (a prevalenza Pinot) che mostra tratti delicati e attraenti, con una punta di zucchero a velo su panettone e note fruttate (litchi e agrumi). Quindi gustiamo un millesimé 2004 Meunier in purezza, che invece è la quintessenza della potenza olfattiva e gustativa e dove, per la prima volta, si percepisce in maniera netta la componente alcolica della liqueur d’expédition, quella miscela per alcuni versi misteriosa che ogni azienda aggiunge dopo la sboccatura per personalizzare e perpetrare nel tempo la filosofia produttiva dei propri Champagne.

I capolavori assoluti, come spesso accade nella vita, giungono alla fine, quasi a ricompensare chi ha saputo attendere con pazienza e fiducia.

Ecco dunque i fuoriclasse…

Il Baron-Fuente è un sapiente blend di Pinot Noir e Chardonnay, entrambi millesimati.
Già dal colore, più dorato, ci si accorge che è un vino diverso, più impegnativo.
Accostando il naso al calice, beh…la conferma che indietro non si torna più: gli idrocarburi invadono l’aria e colpiscono i sensi.
Se non fossimo in presenza di un nobilissimo Champagne, saremmo quasi storditi e persino infastiditi.
“Deve piacere!” è l’unanime commento dei convenuti.
L’alcolicità della liqueur d’expédition è ben percepibile.
Accompagnano significative note speziate.

La Cuvée Les Mulottes di Jean Michel è un millesimé 2005 di solo Chardonnay.
È l’apoteosi finale. La grazia e l’eleganza ai massimi livelli.
E allora lasciamoci andare e godiamo della crema pasticcera, dello zabaione al maraschino e delle mille altre essenze che escono dal bicchiere.
Potremmo berne all’infinito…

Così come potremmo bearci senza fine delle prelibatezze che Scilla ha sfornato: una lasagnetta farcita da seppie, gamberi e cernia, quindi un gustosissimo baccalà alla Vicentina su letto di polentina bianca.

Come si diceva, questa conclude le serate dedicate alla grande enologia francese.
Luca Castelletti ci ha sapientemente aiutato ad approfondire la conoscenza delle diverse espressioni dei terroir e delle uve di Francia.

Siamo partiti dall’Alsazia, la terra che forse più si discosta dal rigido sistema di classificativo francese. La magia dei vini alsaziani sta proprio nella loro estrema tipicità e difficilmente li si potrebbero misconoscere in un’ideale degustazione alla cieca.

La Borgogna, in rosso e in bianco, è la pietra miliare per la comprensione vitinivincola francese: non può essere omessa dal bagaglio culturale di un degustatore. I vini presentati da Luca hanno espresso livelli di qualità impensabile, oltre ad una longevità straordinaria.

Bordeaux, d’altra parte, è la terra dei grandi commerci enologici, dove tutto è mirabilmente classificato ed organizzato. I rossi in assaggio hanno documentato alla perfezione lo spirito di questa zona di Francia.

Sauternes per gli appassionati di vino è nome che evoca emozioni grandiose, poco o per nulla esprimibili a parole. La serata incentrata su questi nettari dorati si è impressa nella memoria dei fortunati partecipanti ed il suo ricordo tornerà spesso ad allietarci.

Degli Champagne, beh, si è detto.

Abbiamo fatto nostra la riflessione di Goethe, per il quale “la vita è troppo breve per bere vini mediocri”.

A la santé !
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