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Perchè si diventa grassi

30 Aprile 2014
(e come fare per evitarlo)
Gary Taubes è un giornalista che si occupa di divulgazione scientifica sul New York Times ed è considerato il più celebre esperto statunitense di alimentazione. Il suo “Perché si diventa grassi” è, a mio avviso, tra i più interessanti testi sull’alimentazione che ho letto negli ultimi anni ed è anche un ottimo manuale di auto-aiuto.

Perché si diventa grassi? O meglio, perché alcune persone accumulano grasso e altre no? Taubes spiega la storia della scienza dell’alimentazione e, con affermazioni documentatissime, sfata finalmente due miti della dietologia contemporanea: 1) per dimagrire basta mangiare di meno, 2) per dimagrire bisogna fare attività fisica.

Che per dimagrire basti mangiare meno è una fola, come sanno tutte le persone che hanno tendenza a ingrassare e che hanno seguito diete ipocaloriche: introducendo nel nostro organismo meno cibo e meno calorie si dimagrisce, poi ci si ferma a un certo peso e di lì non ci si muove e non appena si riprende a mangiare normalmente si riacquistano tutti i kg persi. Amici e amiche in sovrappeso, vi riconoscete?
Per quanto riguarda l’attività fisica, pur essendo benefica per la nostra salute se praticata con moderazione, non serve a dimagrire perché mette appetito e si mangia più del consueto.

Affossando definitivamente le orribili diete ipocaloriche che ci hanno rovinato l’esistenza negli ultimi anni, Gaubes sostiene che non si tratta di quantità di calorie ma di qualità dei cibi che ingeriamo.
Perché si ingrassa? Innanzitutto per un disequilibrio ormonale di origine genetica: accumuliamo grasso nel tessuto adiposo quando i livelli dell’ormone insulina sono elevati, mentre quando i livelli scendono il grasso accumulato viene bruciato come combustibile; alcuni carboidrati sono gli unici responsabili dell’innalzamento dei livelli di insulina. “La ricerca ci dice che l’obesità è in definitiva il risultato di un disequilibrio ormonale, non calorico: in particolare è implicata la secrezione dell’insulina causata dal mangiare cibi ricchi di carboidrati facilmente digeribili, comprese le farine e i cereali, i vegetali contenenti amido come le patate e gli zuccheri come il saccarosio” (op cit, p. 27).

Nell’excursus sulla storia della scienza della nutrizione Taubes porta numerosi esempi sul fatto che l’obesità - l’accumulo di grasso nel tessuto adiposo –sia presente anche in popolazioni sottonutrite o povere. Tra i tanti ecco l’esempio dei Pima, Nativi Americani: prima dei contatti con i bianchi erano snelli perché vivevano di cacciagione e prodotti della terra, man mano che i loro territori venivano loro sottratti dai bianchi e per nutrirsi dovevano ricorrere al cibo degli invasori il loro tenore di vita divenne miserevole, ed erano poveri e obesi perché non avevano più a disposizione i loro territori di caccia ma si nutrivano delle farine, del caffè e dello zucchero degli empori dei bianchi; i Pima non erano certo grassi perché mangiavano troppo o perché erano sedentari…

Taubes contesta, attraverso numerosissimi esempi comprovati da studi scientifici citati nella ricca bibliografia consultabile alla fine del volume, proprio gli assunti dogmatici dei nutrizionisti contemporanei: in epoca di diete ipocaloriche e business del fitness com’è che siamo di fronte a una vera e propria epidemia di obesità?

Un altro mito fastidioso che Taubes demolisce, sempre supportato da studi a livello universitario, è che l’ingrassare sia da ricercare in cause di tipo psicologico o morale, come la mancanza di volontà. In questi tempi moraleggianti quale causa migliore che la punizione degli individui grassi, colpevoli di due dei sette peccati capitali, la gola e l’accidia?

Se appartenete ai tanti a cui è stato detto “Quando hai fame mangia una mela” oppure “Ingrassi perché non ti muovi” o peggio “tieni un diario alimentare e scrivi i sentimenti che hai nel momento in cui ti viene fame” godetevi il capitolo 8 di “Perché si diventa grassi”: i medici, i nutrizionisti, i dietologi, i proprietari di palestre, l’industria dei cibi light e via discorrendo, di fronte al reiterato fallimento di tutte le diete ipocaloriche o di esercizi fisici massacranti colpevolizzano la persona obesa dicendo che non sono i loro consigli che non funzionano ma è l’obeso che, mancando di volontà e carattere, è un fallito che non riesce a seguire le loro prescrizioni. Ripeto: godetevi il capitolo 8…

Sempre suffragato da autorevoli studi scientifici Gaubes dimostra che gli obesi non ingrassano perché mangiano in eccesso, ma esattamente il contrario: poiché stanno ingrassando – a seguito per esempio di mutamenti ormonali - hanno necessità di ingerire più cibo (come capita quando da bambini l’ormone della crescita spinge il nostro corpo a mangiare di più perché dobbiamo crescere e irrobustirci), e per risparmiare energia diventano più pigri.

“Il grasso corporeo” sostiene Taubes, “è regolato accuratamente […] I nostri corpi, se sani, lavorano diligentemente per mantenere una quantità di grasso predefinita nel nostro tessuto adiposo […] che viene utilizzato per garantire un apporto costante di energia alle cellule.” (op. cit. p. 121). La sua ipotesi, che dimostrerà in modo scientificamente accurato, è che una persona diventa obesa perché la regolazione del grasso corporeo non funziona più a dovere, ed è quindi necessario capire cosa non funziona e i rimedi per ovviare alle conseguenze, perché qualunque cosa ci renda sia più grassi che più pesanti ci farà anche mangiare in eccesso.

Ma perché questo accade solo in alcune persone e non in tutti? Citando l’endocrinologo Edwin Astwood, - tra i pochi, secondo il giornalista, a essersi occupato di grasso e tessuto adiposo senza preconcetti e attenendosi solo ai risultati sperimentali verificati - la predisposizione a ingrassare o a rimanere magri non ha nulla a che vedere con l’eccesso di cibo ma dipende in larga misura dai nostri geni. “Se i geni determinano l’altezza, il colore dei capelli e la misura dei nostri piedi […] perché non potrebbe essere attribuita alla genetica anche la determinazione delle dimensioni di un individuo?” (op. cit. p. 139).
Attraverso un’accurata ma semplice descrizione dei processi del nostro corpo e del funzionamento degli acidi grassi, di alcuni enzimi, dei trigliceridi e soprattutto dell’insulina in relazione ai cibi ingeriti, Taubes conferma che i cibi che innalzano i livelli di insulina e causano l’ingrassamento in soggetti geneticamente predisposti sono i carboidrati. Se vogliamo dimagrire, cioè se vogliamo far uscire il grasso dal tessuto adiposo e bruciarlo, dobbiamo ridurre i livelli di insulina riducendone la secrezione. L’insulina ci fa immagazzinare grasso, i nostri corpi diventano più voluminosi, aumenta la richiesta di “carburante” per sostenerci. Ecco dunque che mangiamo di più per avere più energia e mangiamo soprattutto carboidrati, l’unico nutriente utilizzabile quando l’insulina è elevata.

E’ un circolo vizioso. Che fare?

Non tutti i carboidrati fanno ingrassare alla stessa maniera, quelli più ingrassanti sono quelli che hanno un maggiore effetto sui livelli di insulina e sulla glicemia, cioè quelli che digeriamo più rapidamente: qualunque cosa fatta con farine raffinate – pane, pasta, dolci – carboidrati liquidi – birra, succhi di frutta, bevande gassate – e amidi – patate, riso e mais. Cibo “peggiore” in assoluto lo zucchero, fruttosio compreso.
Gaubes ci ricorda che fino alla metà degli anni Sessanta del secolo scorso quando un medico riteneva che un paziente dovesse dimagrire gli prescriveva di limitare il consumo di pasta, pane, patate e dolci. Le attuali diete “bilanciate” o ahimè l’allettante “dieta mediterranea”, che prevedono abbondanti carboidrati, non hanno fatto altro che aumentare l’epidemia di obesità. Occorre quindi tornare alle prescrizioni di cinquant’anni fa: chi è predisposto a ingrassare e desidera essere magro e sano deve ridurre i carboidrati in modo sufficiente a tenere bassi i livelli di insulina e della glicemia. Non si dimagrisce riducendo le calorie ma riducendo i cibi che fanno ingrassare, cioè i carboidrati. Se, una volta dimagriti, si ricominciano a mangiare i carboidrati si ingrasserà di nuovo.

Taubes, rifacendosi alle ipotesi più recenti sull’alimentazione dei primi uomini, ritiene che una delle ragioni per cui i corpi predisposti all’ingrassare diventano obesi mangiando carboidrati raffinati (farina e riso bianco) e zuccheri sia che probabilmente il nostro organismo non si è evoluto per mangiarli nelle quantità di oggi: i nostri antenati preistorici cacciatori-raccoglitori si cibavano di selvaggina, erbe e frutti selvatici (certo meno dolci di quelli selezionati attualmente dall’industria alimentare) e così è stato per più di due milioni di anni. Le farine raffinate e lo zucchero bianco esistono da poco più di un secolo…

Molto interessante infine le prove scientifiche addotte per dimostrare che è errato demonizzare i grassi, anche quelli saturi. Il livello dei trigliceridi nel sangue se è alto può provocare malattie cardiache, ma sono i carboidrati che lo innalzano, non i grassi. I grassi servono anche ad innalzare il colesterolo “buono”, l’HDL, che protegge da malattie cardiovascolari. Tutto da dimostrare inoltre la relazione grassi-LDL (il colesterolo “cattivo”) e malattie cardiovascolari; sembrerebbe che in effetti le statine che si utilizzano per abbassare i livelli di colesterolo diminuiscano la possibilità di incorrere nelle malattie cardiovascolari, così come fa l’aspirina, ma questo è l’unico risultato certo finora ottenuto dagli studi sulla relazione colesterolo alto-malattie cardiovascolari.

Potrebbe sembrare che Taubes approvi le diete iperproteiche molto di moda oggi, in realtà lui raccomanda di mangiare anche grassi (ad esempio il pollo con la pelle, come gli uomini primitivi e i grossi animali carnivori, che si cibano di ghiandole, interiora e grasso prima che della carne della preda), perché diete ad alto contenuto proteico ma con pochi grassi o carboidrati provocano disturbi, primi fra tutti la debolezza e problemi intestinali.

E soprattutto: “Le diete che raccomandano una restrizione dei carboidrati […] sostituiscono i carboidrati stessi con porzioni abbondanti […] di alimenti di origine animale, a cominciare dalle uova per colazione, continuando con la carne, il pesce o il pollame per pranzo e cena. E’ opportuno prendere in considerazione le implicazioni relative a questa modifica. Non è la nostra dipendenza dai cibi di origine animale già sufficientemente negativa per l’ambiente tanto da essere opportuno non peggiorare le cose?
L’allevamento animale non è forse una delle principali cause del riscaldamento globale, della riduzione delle scorte di acqua e dell’aumento dell’inquinamento? Quando pensiamo a un’alimentazione salutare non dovremmo anche tenere in considerazione ciò che è meglio per il pianeta oltre che per noi stessi? Abbiamo il diritto di uccidere gli animali per procurarci del cibo, o di costringerli a lavorare per produrne? Non è forse uno stile di vita vegetariano, se non addirittura vegano, l’unico moralmente ed eticamente sostenibile?” (op. cit., p. 29).

A ognuno di noi la risposta.

PERCHE’ SI DIVENTA GRASSI (e come fare per evitarlo), di Gary Saubes, a cura di Paolo Perucci. Ed. Sonzogno 2014
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