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Funghi e tartufi, un must per i pranzi delle feste

30 Dicembre 2014

Ma non è tutto tartufo quello che profuma...

Funghi e tartufi erano noti e apprezzati già dagli antichi Romani, che erano notoriamente dei golosi e appassionati della buona cucina. Nei documenti medievali erano spesso accomunati sotto la voce tubera. Pare che comparissero di frequente sulle mense dei contadini e dei montanari. 

La loro raccolta veniva affidata alle donne e ai bambini, non era regolamentata da alcuna disposizione comunale, soprattutto per la difficoltà pratica di monitorare chi andava nei boschi alla ricerca di questi preziosi alimenti, e spesso erano portati anche ai mercati per essere venduti nelle città, pur essendo prodotti abbastanza deperibili. 

Fino alla prima decade del XX secolo, il fungo era diffusamente consumato negli ambienti rurali poveri e meno nei centri urbani; era il cibo dei contadini, dei pastori, dei carbonari: gente che viveva ai margini della società, che aveva notevoli difficoltà a reperire gli alimenti, che si cibava di prodotti spontanei e basava molta della sussistenza sulla raccolta, e costituiva un prezioso apporto di proteine, sali minerali e vitamine A, B, B2, C e D. 

I medici cittadini invece sconsigliavano l’uso dei funghi, ritenuti pericolosi, non solamente perché potevano essere velenosi, ma soprattutto perché crescono in ambienti malsani, “ex putrefatione generatis”, come scrive il medico Giacomo Albini nel suo “De Sanitatis custodia”.

Le fonti ci riportano l’uso di ovuli, prataioli, mazze di tamburo, spugnole, manine. Pur essendo i tartufi molto pregiati e ricercati dai signori, erano tuttavia abbastanza presenti sulle tavole dei contadini che se ne servivano per insaporire i piatti poveri. Infatti, bastava un buon cane da trifola o un maiale addestrato per trovare tartufi grossi e saporiti. 

Sia i funghi che i tartufi, essendo spontanei, venivano raccolti dalle donne, dai bambini, dai boscaioli e dai carbonari. Accadeva abbastanza di frequente che  venissero consumati anche funghi tossici o velenosi. 

Sappiamo ad esempio che l’amanita muscaride, letale in  determinate quantità, veniva usata assieme ad altri ingredienti, e procurava forti allucinazioni e visioni. A proposito di questo fungo, spesso alle streghe si rivolgeva l’accusa di utilizzarlo per avvelenare i loro nemici: la pericolosa Amanita muscaria era, secondo gli inquisitori, l’ingrediente principale delle loro pozioni che, come è noto, avevano effetti spesso devastanti per le povere vittime. Ma le donne del diavolo, quasi tutte di origine contadina, erano comunque abili conoscitrici dei funghi e nei loro poveri banchetti quotidiani, o negli immaginati banchetti sabbatici questi prodotti (naturalmente quelli non velenosi) erano spesso presenti, come conferma l’iconografia sulla stregoneria.

È singolare il fatto che fino al secolo scorso molti pensassero che bastava la cottura per eliminare la pericolosità dei funghi, quando ormai sappiamo che non è affatto così, e risale al rinascimento l’usanza di mettere, tra i funghi che cuociono, un cucchiaino d’argento: se diventerà nero i funghi saranno velenosi. Anche in questo caso si tratta di un metodo empirico molto rozzo e per nulla efficace: ai giorni nostri, quando non si conosce bene un fungo, è meglio rivolgersi all’ALS!

Funghi e tartufi sono da sempre considerati un cibo pregiato, ma anch’essi vanno soggetti alle mode. In generale, più sono difficili da trovare, più sono richiesti. Il fungo più di moda in questo periodo è l’ovulo, che non può essere coltivato, e che in natura è quasi scomparso.

Attualmente il tartufo non è più nei sogni proibiti dei buongustai, che per molto tempo lo hanno usato per farcire cacciagione, per insaporire paste e risotti, per impreziosire lasagne e patè. E questo per due semplici ragioni: il prezzo veramente paradossale, che alcuni anni fa ha raggiunto i parecchi milioni di vecchie lire al chilo, e la possibilità di trovare, a pochi euro, prodotti “al sapore di” tartufo. Ma da dove viene questo “sapore di” che troviamo nei risotti già pronti in busta, nelle polente precotte, negli olii, nelle formaggelle? Ebbene, viene dal metano. È un aroma sintetico, prodotto a partire dagli scarti di lavorazione del petrolio. Non fa male, non è tossico, è economico e… sa di tartufo. Ma non è tartufo!

Anche questa è una sorta di truffa ai nostri sensi, che ci permette di sentirci tutti ricchi con poche lire, che ci abbaglia con la nobiltà dell’odore, insomma, che … ci prende per il naso!

 

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