Archivio Storico 2011-2017

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Il pane, il vino, il salame

25 Febbraio 2014
il sacrificio erotico-alimentare ne “La ragazza perduta” di D.H.Lawrence
Le donne erano molto interessate; guardavano Alvina scrutandola da capo a piedi. E lei capì che si stavano domandando se fosse già incinta. Di sicuro stavano chiedendo a Ciccio in italiano se gli stesse “facendo un bambino”. Ma lui scosse il capo e disse che non lo sapeva, leggermente imbarazzato. Mangiarono fette di pane e salame e supplì con le dita incredibilmente unte e bevvero vino rosso dalla bottiglia a grandi sorsate; offrirono da mangiare anche a Ciccio e ad Alvina e furono compiaciuti quando Alvina disse a Ciccio che avrebbe voluto un poco di pane e salame. Lui tolse con le mani la pelle al pane e salame e le preparò un panino imbottito. Le donne la guardarono mentre lo addentava e dissero annuendo con aria soddisfatta: «Buono? Buono? ».
Alvina, che conosceva questa parola, capì e rispose: «Sì, buono! Buono!» annuendo allo stesso modo, cosa che procurò loro un’immensa soddisfazione. Le donne le porsero tutta la carta con le fette di salame, fecero un cenno del capo e dissero raggianti: «Se ne vuole ancora…! ».
Alvina diede un morso al suo panino, sorrise e disse: «Sì, buonissimo! ».
Le donne si guardarono tra loro e dissero qualcosa, poi Ciccio si intromise, scrollando il capo. Ma una di loro forbì ostinatamente il collo di una bottiglia con un fazzoletto pulito e la porse ad Alvina, dicendole: «Vino buono. Vecchio! Vecchio!». Annuiva vivacemente e le faceva cenno di bere. Lei guardò Ciccio, il quale le restituì l’occhiata con un’espressione dubbiosa.
«Devo bere?», disse Alvina.
«Se ti va», rispose con un gesto di indifferenza tipicamente italiano.
E così Alvina bevve un po’ di vino, che le sgocciolò sul mento, poiché non era molto pratica nel maneggiare la bottiglia. Ma le piacque la sensazione di calore che il vino le procurava.

Fra gli scrittori moderni che hanno filosofeggiato sulle analogie fra appetiti sensuali e gustativi merita un posto d’onore David Herbert Lawrence.C’è un libro in particolare dove il grande scrittore inglese, ritenuto il vate della letteratura erotica del primo novecento, ha variamente intrecciato il tema alimentare a quello sentimentale: si tratta del delicato romanzo “La ragazza perduta”, intensa inchiesta nell’animo femminile, considerato fra i capolavori del Decadentismo.

Ricordiamone brevemente la trama. La dolce e sensibile Alvina Houghton, infermiera cresciuta nelle rigide convenzioni della provincia inglese, per salvare il padre dalla rovina economica si impiega come pianista in un cinematografo di paese, nel quale Mr Houghton ha investito tutti i suoi averi. Qui si imbatte in una stravagante compagnia teatrale che porta in scena uno spettacolo ispirato ad una tribù pellerossa; innamoratasi di Francesco, detto Ciccio, un istrionico attore napoletano, si offre di lavorare per loro, pur nella consapevolezza di essere sfruttata. Rimasta orfana, torna a svolgere la professione di infermiera, fidanzandosi con un medico attempato; ma la passione la riporta da Ciccio.

Siamo agli albori della grande guerra: i due, celebrato frettolosamente il matrimonio, partono alla volta dell’Italia, dove Alvina risiederà con il novello sposo. Alvina e Ciccio condividono il pericoloso viaggio in treno, minacciato dal conflitto incipiente, con alcuni italiani i quali, superata Firenze, offrono alla ragazza alcune fette di pane e del salame campagnolo, facendole bere anche del buon vino invecchiato.

Arrivati a destinazione, Alvina si fa rapire dall’arcaicità della terra di adozione, Pescocalascio, paesino incastonato fra i monti, e dalla sua natura selvaggia; il romanzo si conclude con la chiamata alle armi dell’uomo, mentre Alvina, giudicata perduta dalla sua gente di un tempo, con in grembo il figlio di Ciccio, è certa di aver trovato la strada della sua vita.

Nel romanzo, portato a termine nel 1920, Lawrence dedica all’ingresso in Italia di Alvina alcune fra le sue pagine più ammirate per il Belpaese, terra bella e selvaggia, che accolse i periodi più fertili dell’attività creativa e della tormentata vita sentimentale dello scrittore di Eastwood. E durante il viaggio in treno fa compiere alla volitiva protagonista, che pasteggia a pane, vino e salame, al di là della lettera,una sorta di rito mistico ancestrale, evidentemente allusivo al sacrificio eucaristico: il romanzo è intessuto, del resto, di riflessioni sul senso del religioso e sull’aporia del messaggio cruento e salvifico della Croce. La terna sacra alimentare mediterranea nel passo è ampiamente rappresentata: il grano, la vite, che nell’epifania cristiana si fanno corpo e sangue di Cristo, e, a suggello, l’olio, il crisma, che unge il cartoccio che Alvina rimira con desiderio. Si compie così, per opera di Alvina e degli improvvisati ministri profani, un sacrificio pagano ed iniziatico, quello della donna- cannibale che divora l’Amore: il rimando al famoso sogno del cuore mangiato del terzo libro della Vita Nuova, dove Beatrice si pasce del cuore del poeta innamorato, è immediato e lampante.

Aggiungiamo pure che quella del panino imbottito col salame, del resto, è metafora squisitamente erotica, e il vino nettare inebriante di baccanale memoria; così Alvina, che in passato ha già conosciuto carnalmente il suo uomo, è protagonista di una rivelazione ora totalizzante del mistero amoroso. E proprio attraverso quei cibi così primitivi ed afrodisiaci si concede finalmente anche con l’anima a quel marito bello e misterioso di cui ella conosce pochissimi argomenti al di là di quelli sensuali: la vittima sacrificale che si congederà dal romanzo partendo per la guerra prima della nascita del loro bambino.

L’Italia, Ciccio, il vino, il pane e salame rappresentano un’unica, essenziale, pagana divinità per la tenera e provata figlia di Albione: la promessa di una nuova vita rinnovata dall’Amore nell’essenzialità e nella voragine della passione. Amore come totale rapimento dei sensi, come annullamento di ogni forma di convenzione borghese che Alvina si lascia alle spalle assieme alle amarezze, alle disillusioni ed alle nebbie inglesi, per abbracciare la vita nella nuova, mitica e antica terra promessa.

David Herbert Lawrence
La ragazza perduta
Newton editore, euro 5,50
1994, fuori catalogo
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