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Il “narigiatt” goloso di Chiara

23 Luglio 2013
Il ritorno delle “Avventure di Pierino” nel centenario della nascita dello scrittore
C’è un libro che ha tutti numeri per diventare il best seller dell’estate, nell’ambito della letteratura per ragazzi. Eppure non è certo una novità, anzi è da quasi un quarto di secolo uno dei migliori libri giovanili in circolazione in Italia. Datato 1990, in realtà concepito un ventennio prima della pubblicazione, “Le avventure di Pierino” di Piero Chiara è uno dei più gustosi condensati di buonumore che lo scrittore luinese abbia mai firmato.

Ridato alle stampe in occasione del centenario della nascita dell’autore de “La spartizione”, “Le avventure di Pierino” era caduto in oblio per un decennio ed era divenuto introvabile anche nei mercatini, non dico nelle librerie remainders, peggio ancora nelle biblioteche. Eppure quest’anno ha esordito alla grande, catapultandosi nella rosa dei finalisti del premio Andersen come miglior libro mai premiato. Potenza dei sensi di colpa che divorano quando ci accorgiamo all’improvviso di aver trascurato qualcosa che vale per davvero e che avevamo lasciato nel cassetto.

Eppure questo oggetto di culto per intenditori è davvero un volume speciale.
Il protagonista è proprio quel Pierino divenuto per antonomasia il monello di paese: bene, sappiate che è lo scrittore stesso che si rivede bambino negli anni delle scuole elementari, trascorsi ad architettare coi compagni di strada bigiate e bricconate più o meno memorabili. Teatro delle sue imprese, i mercoledì al variopinto mercato di Luino, la bella cittadina sul Verbano, che in quegli anni Venti in cui si ambientano le vicende narrate nel libro è un attivissimo crocevia commerciale tipico delle terre di frontiera.

Il mercoledì è il giorno che la direzione scolastica ha decretato di chiusura settimanale contro il giovedì di tutto il resto del Regno d’Italia, proprio in ragione dell’importanza del mercato che si tiene a metà settimana fin da un’antica concessione di Carlo V (confuso nell’immaginario collettivo con il ben più popolare Carlo Codega, specifica una tipica pennellata folcloristica dell’autore). Questa giornata così carica di aspettative per tutti i luinesi è anche il momento magico in cui tutti i sogni dei monelli si possono finalmente realizzare: sogni quasi sempre a sfondo gastronomico, come rubare le succulente angurie al cocomeraio, operazione che Pierino mette in pratica assieme all’amico Gervaso in maniera rocambolesca ne “L’evaporazione delle angurie”, una delle perle contenute in questa commedia umana lacustre. Così come è esilarante il racconto delle tre sorelle Barbitta ladre di formaggio, che culmina in una battaglia a suon di forme di gorgonzola, quartirolo, taleggio e grana, in cui Pierino si trova coinvolto assieme all’opulento formaggiaio Berlusconi.O anche quello del panettone destinato ad un professore e magistralmente involato dal nostro ladruncolo per gola.

Catturano la scena personaggi a dir poco stravaganti e che eppure sono il prototipo dell’ambulante del mercato tradizionale nostrano, oggi giusto un ricordo letterario. Uno per tutti il Mezzetti (“un ambulante così chiamato forse perché vendeva la merce a mezzi etti, cioè a piccole quantità, essendo i suoi clienti per la più parte ragazzi”) con i suoi imbuti di semi, noccioline, carrube e castagne secche, ammaliatore di “narigiatt” golosi. A completare il quadro, i vari commercianti luinesi, che respirano in quei mercoledì di mercato aria di affari: così facciamo conoscenza con il prestinaio (italiano regionale per panettiere) Bram, intermediario fisso fra le sfuriate del padre di Pierino e il nostro discolo, o con il pasticcere Formentini e i suoi fantasmagorici gnocchi di cioccolato, sogno proibito dei ragazzini.

Il libro si articola in due parti. Se nella prima è il mercato stesso nella sua coralità di personaggi e di merci incredibili a riempire il palcoscenico, tant’è vero che di questi racconti sono state tratte diverse riduzioni teatrali per bambini, nella seconda – Pierino non farne più! – il piccolo delinquente in erba ritorna a fagocitare la scena, sino a finire in collegio dall’altra parte del lago. (Per inciso, quello stesso Piero Chiara che, secoli prima di arrivare alla terza pagina del Corriere, ripeté un paio di volte la terza elementare, ed ebbe studi piuttosto irregolari, curriculum scapestrato che apparenta tante firme geniali).

Non va più lasciato nel cassetto, Pierino. E’ capace di farvi ridere a crepapelle dalla prima all’ultima riga e, anche, di risvegliare il senso delle belle pagine nei giovani lettori, cosa non trascurabile in mezzo alla valanga di pubblicazioni junior non sempre di gran qualità (concedetemi la litote). Van dissuasi dall’acquisto invece i qualunquisti per cui tutto il mondo è paese: perché dall’inizio alla fine Pierino trasmette uno struggente amore per la propria terra al di là del benessere materiale che non gli ha proprio mai concesso, non tanto per nascita, ma per la severità genitoriale.
Il libro si apre con un’introduzione mirabile di Federico Roncoroni, amico personale e insigne studioso di Piero Chiara.

Piero Chiara, Le avventure di Pierino
Mondadori, 2013
205 pagine
Euro 16
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