Archivio Storico 2011-2017

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Carlotta non mangia

09 Novembre 2012
L’incontro di linguaggio simbolico-evocativo con quello verbale nei libri per l’infanzia
Edicolors, casa editrice genovese specializzata nella letteratura per l’infanzia (firmano per lei alcuni notevoli autori, fra cui Guido Quarzo e Sebastiano Ruiz Mignone) ha all’attivo ben tre collane dedicate a specifiche fasce d’età. Fra queste, “I Giocolieri”, linea di cartonati dedicata ai bambini dagli 0 ai 7 anni, in quel formato quadrato (15 x 15) e maneggevole che è un invito a prendere confidenza con il libro sin dai primi mesi di vita.

Carlotta, la simpatica (si fa per dire!) protagonista, rifiuta qualsiasi tipo di cibo con fare stizzoso: è decisamente quella che si dice una bambina capricciosa. Inutile girarci intorno: lo è e basta. Non stiamo ad indagare i motivi per cui lo fa (e non lo fanno nemmeno le due autrici): ce ne potrebbero essere proprio tanti. Bisogno di conferme o di attenzioni perché è appena nato un nuovo fratellino, o perché è iniziato l’asilo, o sono in vista cambiamenti importanti di altro tipo nel ménage familiare. Il rifiuto del cibo è usato come un’arma per imporsi, per definire la propria personalità, per ottenere ciò che si vuole con l’unico ricatto veramente potente che possa essere adoperato da un bambino piccolo. Non è un’idiosincrasia verso un cibo in particolare: Carlotta non vuole mangiare proprio niente e questo semplicemente per fare dispetto alla mamma.

Tanti bambini (e bambine, soprattutto: non è un caso il protagonista declinato al femminile) affrontano questa fase, e le loro mamme con loro. Bisogna avere tanta pazienza, ma proprio tanta, senza drammatizzare. Senza imporre piattoni, senza imporsi in maniera aggressiva: restituendo, cioè, al fattore alimentare l’idea di serenità e naturalezza, e possibilmente di condivisione che per il piccolo non ha più, perché sta proiettando sul cibo tutte le sue piccole o grandi ansie, perché noi non lo sappiamo ma il cibo si è ipostatizzato nel suo alter ego, quello con cui il bambino stabilisce una sfida: la pappa sono io che devo crescere, ma io non voglio crescere, non voglio insomma affrontare quel cambiamento che mi fa tanto paura. E’ una fase di passaggio, e come tale passa. Ma non è facile, si sa, venire incontro al bambino nel suo rito quotidiano di rifiuto del cibo: bisogna un pochettino riflettere e cercare di capire cosa c’è al di là.

In Carlotta il bambino recalcitrante si identifica al volo perché è disegnata in maniera inusuale: è tutta testa, occhioni sgranati, fa le boccacce e si pone in maniera piuttosto aggressiva, mostrando i dentini e le linguacce. Carlotta è la protagonista indiscussa della vicenda: la testolina campeggia nella pagina, il cibo è solamente un corollario alla sua vicenda personale fatta di nasini arricciati, lacrime, smorfie. Fino a che un giorno una carota si materializza sul naso di un omino di neve, e Carlotta capisce che il cibo può essere anche divertente: meglio ancora, mitico. Così i piselli diventano orecchini per una principessa che sta disegnando, la notte colorata di more, il sole un enorme limone sorridente. Il cibo, insomma, sdrammatizzato, perde quella dimensione carica di terrore che aveva in precedenza e pian piano Carlotta torna ad assaggiare un dolcino, gli spaghetti, la polenta con la carnina e finalmente mangia.

Un librino sicuramente bello, e non solo per i disegni vividi, per le rime baciate che tanto fanno cantilenante presa sui piccoli (già incontrate del resto in “Dall’Arancia alla Zucchina”, sempre di Edicolors) e per il testo in stampatello maiuscolo a caratteri ingranditi, fruibile direttamente dai lettori in erba. Una storia apparentemente banale, che invece fa riflettere le mamme o coloro che sono demandate alla dispensazione del pasto quotidiano, spesso caricato di aspettative eccessive. Il cibo, non dimentichiamolo, se anche serve per sfamarsi, ha prima di tutto una valenza culturale: se nella testa dei bambini viene associato da subito ad un’idea conviviale e serena come il pasto familiare (concetto che sarebbe stato decisivo inserire chiaramente nel libro, nonostante sia implicito), è difficile che possa diventare un tabù. Ecco perché è fondamentale far partecipare al pranzo e alla cena collettiva il bambino piccolo sin dallo svezzamento: il pasto verrà identificato come un rito del tutto pacifico, una pratica piacevole a cui nessuno si sottrae, e che anzi diventa un pretesto per veicolare armonia con se stessi e con gli altri.

Leggere libri ad alta voce ai bambini sin dal primo anno di vita è importantissimo. A partire dai sei mesi, a volte anche prima, i piccoli si mostrano incuriositi nei confronti delle pagine dalle quali campeggiano storie disegnate a tinte vivaci: alcuni studi hanno dimostrato che già a partire dall’anno il bambino segue lo svolgersi di una vicenda essenziale attraverso un libro illustrato. Il settore paraletterario per l’infanzia, coniugando il linguaggio simbolico-evocativo delle immagini a quello squisitamente verbale della scrittura svolge così una funzione strategica nell’infondere nel bambino l’idea della lettura come un’attività del tutto naturale.

Carlotta non mangia
Alessandra Pizzi, disegni di Mara Candeago
Euro 9,90
Edicolors I Giocolieri, 2012
www.edicolors.com

Le autrici
Alessandra Pizzi, milanese, è laureata in Lettere Moderne. Ha lavorato per anni come coordinatrice di Scuola dell’Infanzia e da qui nascono le sue storie rivolte ai bambini.
Mara Candeago (www.mikamadden.carbonmade.com), veneta, ha studiato design a Firenze.
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