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La cucina tradizionale giapponese Washoku e lo Chef Masatoshi Matsuda

07 Dicembre 2015

Lo Chef della Residenza dell’Ambasciatore del Giappone in Italia al “Cooking for Art - Roma 2015”

Nel 2016 ricorrerà il 150° anniversario delle relazioni tra Italia e Giappone con numerose iniziative e manifestazioni per celebrare tale avvenimento, molte delle quali porteranno in primo piano il mondo del cibo e della cucina. Infatti entrambe vantano un immenso patrimonio culinario legato alla tradizione e al territorio.

In occidente, della cucina giapponese, si conoscono soprattutto i piatti più esotici e tipici come il Sushi, il Sashimi e la Tempura, ma la cucina giapponese è molto altro. Mangiare in Giappone è un’esperienza straordinaria, che difficilmente si potrà scordare nella vita.

La cucina tradizionale viene chiamata Washoku, dove “Wa” sta per Giappone e “Shoku” per cibo o alimentazione, riferendosi quindi non semplicemente alla cucina Giapponese ma alla cultura alimentare dei giapponesi.

Il Giappone possiede una ricca varietà di prodotti della terra e sin dall’antichità ha sviluppato sentimenti di venerazione e rispetto nei confronti della natura, ed espressione di tale mentalità sono i tantissimi festival che si svolgono ogni anno in tutto il Giappone, nel corso delle varie stagioni, per augurare un buon raccolto o una stagione fruttuosa.

Il Washoku valorizza fortemente la stagionalità e la freschezza delle materie prime e l’esaltazione di ogni singola materia nella sua essenza, creando piatti semplici ma dai sapori ben definiti.

L’elemento più importante per il sapore della cucina giapponese è la varietà di “Dashi”, il brodo che sta alla base della zuppa di miso, e che determina il sapore dei vari piatti, dagli stufati alle verdure bollite condite con salsa di soia.

Ovviamente alimento base della cucina giapponese è il riso che ne costituisce anche un pilastro spirituale, e proprio dal riso fermentato si ricava il Sake, bevanda nazionale ed elemento fondamentale dell’alimentazione nipponica.

Come il vino, il Sake viene sorseggiato sia a pasto che dopo e la sua gradazione è di circa 15-16%.

In tutte le regioni del Giappone, la cui cultura si è sviluppata attorno alla risicultura, si credeva che in ogni chicco di riso risiedesse la divinità e che la produzione di Sake potesse aver luogo solo tramite la benedizione divina. 

Oltre al riso sono diffusi anche pesce, verdure, pasta e legumi, mentre la carne è quasi completamente assente, se non in qualche piatto di origine straniera.

Molto consumate sono anche le pietanze fritte, la cui pesantezza viene però bilanciata da una grande quantità di verdure, ed è proprio l’ampio uso di queste ultime unite al grande consumo di pesce fresco, radici, spezie e tè verde, a fare della cucina giapponese una delle più bilanciate e salutari del pianeta, tanto che nel 2013 è stata inserita tra i “Patrimoni orali e immateriali dell’umanità dell’UNESCO” oltre a fare dei giapponesi uno dei popoli più longevi al mondo.

Ma in Giappone, soprattutto a certi livelli, la cucina è anche vissuta come arte e il senso estetico è fortissimo. 

 Se per gli occidentali la cucina è soprattutto rivolta all’appagamento del gusto, per i giapponesi la vista è il primo senso che entra in gioco, e Il piatto è una piccola opera d’arte che deve soddisfare regole precise di armonia e grazia, dove accostamenti di colori e di forme devono essere complementari ed equilibrate.

In Giappone diventare un cuoco di primo livello comporta infatti un grande studio e un lungo apprendistato, ed è esattamente questo il percorso seguito da Masatoshi Matsuda, Chef della Residenza dell’Ambasciatore del Giappone in Italia Kazuyoshi Umemoto, che si è esibito al Cooking for Art di Roma in un interessante ShowCooking .

Masatoshi Matsuda ha avuto numerose esperienze presso prestigiosi locali, primo tra tutti il ristorante giapponese dilunga tradizione “Nadaman” con ben 185 anni di storia.

Il motto di Matsuda è: “Rendere felici quante più persone servendo piatti al passo con i tempi e traboccanti dell’essenza delle stagioni, nel pieno rispetto della “sacra via” della cucina giapponese.

Sicuramente è riuscito a rendere felici i presenti al suo Show Cooking, dove ha cucinato “Nasugomaankake”  (Melanzane al sesamo) e “Chingensai to kikka no nibitashi” (Stufato di Chingensai e crisantemi in salsa di soia). 

Una vera poesia per il palato, dai sapori delicati e profumati dove la materia prima e la stagionalità vengono esaltate, oltre a una gioia per gli occhi.Come è una gioia vederlo muoversi tra i fornelli con grande maestria ed eleganza.

 

Ecco le ricette dei piatti presentati e del "dashi",brodo essenziale per l’esecuzione di questi piatti.

 

Ichibandashi (katsuo-dashi: brodo a base di tonno essiccato)

 

Ingredienti

1000 ml d’acqua

12 g di alga kombu

30 g di katsuobushi (tonno disidratato a scaglie)

 

Preparazione

Asciugate le alghe kombu con un panno bagnato benstrizzato per mondarle da eventuali residui in superficie. Mettete in una pentola l’acqua e le alghe kombu lasciando decantare per un’ora in modo da esaltarne il gusto.

Mettete le alghe sul fuoco ed estraetele poco prima dell’ebollizione, così da evitare che rilascino umori.

Una volta spento il fuoco, aggiungete acqua facendo raffreddare fino a circa 90°C. Portare il katsuobushi ad ebollizione potrebbe degenerare ilsapore,ma anche portarlo ad una temperatura troppo bassa potrebbe alterarne l’odore o il colore. Immergete il katsuobushi, dunque, dopo aver aggiunto la giusta quantità di acqua. Filtrare il brodo di katsuobushi: occorre far attenzione a calibrare il tempo in quanto filtrarlo in anticipo potrebbe impedire alla fragranza di sprigionarsi, mentre lasciar passare troppo tempo potrebbe generare un sapore amaro. Aspettare che il brodo decanti naturalmente. Non strizzare il katsuobushi rimasto, onde evitare di generare un sapore amaro o un odore troppo forte.

Nel preparare il brodo è necessario scegliere con cura la pentola: nel caso sia piccola occorrerà troppo temto a farne risaltare la fragranza, e il sapore potrebbe essere sporcato. Occorre dunque utilizzare una pentola grande e avere tutto pronto nel momento di filtrare il brodo. Riuscire ad ottenere un buon brodo è una sfida che si gioca in pochi secondi.

La base per per questo tipo di brodo si utilizza per pietanze da condire con sale o salsa di soia e simili.

 

 

“Chingensai to kikka no nibitashi” (Stufato di Chingensai e crisantemi in salsa di soia)

 

Ingredienti

chingensai (cavolo cinese a foglia piccola)

crisantemi

Per la base di stufatura

504 cc di brodo di katsuo (vedi ichibandashi)

36 cc di salsa di soia chiara

36cc di Mirin 14% (sakè dolce giapponese da cucina)

 

Preparazione

Sbollentare i crisantemi per 5 minuti in acqua calda. Tagliate i chingensai facendo attenzione a dividere gambi e foglie (che avranno tempi di cottura diversi). Dopo aver scaldato una pentola, cuocetevi in olio di sesamo dapprima i gambi e, a seguire, le foglie del chingensai. Versatevi la base di stufatura già portata ad ebollizione. Infine disponetevi i crisantemi e raffreddate immergendo la pentola in acqua e ghiaccio.

 

 

“Nasugomaankake” (Melanzane al sesamo)

 

Ingredienti

475 rondelle dimelanzana lunga

1 mazzancolla

2 foglie di shiso (pianta delle labiate)

Per la decorazione

Alghe suisenji, zucchina, peperone

Per la base di cottura delle melanzane

522 cc di brodo di katsuo (vedi ichibandashi)

18 cc di sake

36 cc di salsa di soia chiara

36 cc di Mirin(sakè dolce giapponese da cucina)

12 g di zucchero

Per la salsa di sesamo

270 cc di brodo di katsuo (vedi ichibandashi)

15 cc di salsa di soia chiara

18 cc di Mirin(sakè dolce giapponese da cucina)

30 g di pasta di sesamo

14 g di kudzu (Puenaria montana, pianta selvatica)

 

Preparazione

Tagliate le melanzane a rondelle e incidetele. Dopo aver fatto bollire la mazzancolla in acqua salata, versatevi il sake e salate. Tagliuzzate le foglie di shiso e soffriggetele in olio. Dopo averle ammollate in acqua, sbollentate le alghe suisenji. Friggete le rondelle di melanzane a 180°C, disponetele in una vaschetta versandovi acqua bollente per togliere l’olio in eccesso. Preparate la salsa di sesamo (che è necessario continuare a girare per evitare che non si amalgami) e guarnitevi le melanzane prima di servirle, andando a comporre il piatto con la mazzancolla, la zucchina, il peperone e le alghe suisenji.

 

 

 

 

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