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Mangiare giapponese a Roma spendendo poco

07 Febbraio 2014
Un ossimoro. O forse no
Amo mangiare giapponese. Amo il sashimi, soprattutto di salmone, lo zenzero sott’aceto di riso, amo le zuppe di miso, gli udon brodosi, amo il tempura spumoso e croccante.

Non dico certo che ne mangerei ogni giorno, questa cucina non mi appartiene, i suoi sapori li sento troppo particolari per cibarmene quotidianamente ma tra le cucine etniche è certamente la mia preferita.
Vivendo a Roma le opzioni per mangiare giapponese sarebbero, in teoria, veramente molte. Ci sono ristoranti storici della capitale, presenti da decenni, come Hamasei, che da quarant’anni regala piatti unici della cucina nipponica, con un menu di tutto rispetto, ma ad un costo non sempre abbordabile.

Negli ultimi anni poi, forse a causa della dilagante moda di mangiar sushi, sono spuntati come funghi ristoranti giapponesi all you can eat, dove con pochi euro (in alcuni si arriva a spendere anche solo 9,9 euro per un pranzo no limits) ci si può andare ad abbuffare di pesce crudo a cuor leggero, fino a che non ci spuntino le branchie.

Ammetto. Su certi argomenti non mi piace giocare, credo che il cibo abbia un costo che precede il ricarico che il ristoratore fa, per ottenerne un guadagno, un costo che riguarda proprio la materia prima in quanto prodotto più o meno pregiato e/o costoso.

Questo è il motivo per cui preferisco evitare ogni tipologia di ristorante all you can eat, perché se posso mangiare senza limiti i prodotti che tu – ristoratore – mi vendi (che sia pizza o sushi) un trucco dev’esserci. Nel caso delle pizzerie spesso si tratta degli ingredienti che compongono la farcitura. Sfinire i commensali con pizze di poco costo, come margherite, prosciutto cotto, funghi, fa si che il ristoratore possa ottenere un reale guadagno da questa formula; se poi contiamo i ricarichi su dolci e bibite, che sono sempre considerati dei “fuori menu”, ecco che i conti, in qualche modo, tornano. E’ ovvio che se voglio mangiare una buona pizza, a lenta lievitazione, con una farcitura di tutto rispetto, con prodotti slow food e/o bio e/o anche solamente più pregiati (leggi tartufo) prenoterò un tavolo in una delle mie preferite pizzerie romane con menu a la carte.

Differente il caso dei ristoranti giapponesi. Qui i menu non hanno subito modifiche, il sashimi è quello di tre anni fa, solo che puoi mangiarne a non finire. Comprenderete che io, parlando poi di pesce crudo, con tutti i rischi che si porta dietro, semplicemente non mi fido. Ne ho provati una decina tra sushi bar, ristoranti e kaiten sushi, ho fatto con gli amici esperienze che preferisco non raccontare, locali in zone universitarie che più che ristoranti sembrano mercati affollati con avventori urlanti e scarsa qualità, kaiten sushi dove sul nastro trasportatore si incappa in involtini cinesi un piattino si e l’altro pure.

La ricerca del mio tempio della cucina giapponese low cost, dove andare a cuor leggero, per un pranzo veloce o una cena informale, quando nel feriale voglio far due chiacchiere con un’amica o per festeggiare in tranquillità una piccola ricorrenza è durata un po’, ma alla fine l’ho trovato.

Una vecchia conoscenza poi, un ristorante dove mi ero recata spesso per compleanni o anniversari, con un menu di tutto rispetto, la possibilità di mangiare anche cibi cucinati su piastra (teppan yaki) che, per scelte aziendali, è passato dal menu a la carte all’opzione all you can eat.

Non vi nego che quando l’ho scoperto son trasalita, era il mio compleanno e avevo organizzato una cena a due, sedermi e vedermi recapitare il menu con 19,90 € stampato sopra mi ha per un attimo destabilizzato, le mie esperienze in merito erano fallimentari come poc’anzi detto, temevo di aver perso un rifugio sicuro dove recarmi quando volevo mangiare in pace, sognando il viaggio in Giappone che farò quando inventeranno un’alternativa all’aereo.

Sicuramente la differenza l’ho notata, il locale, per ovvie ragione è molto più affollato e si deve sempre prenotare, soprattutto a cena, per non rischiare di non trovar posto, molti piatti sono spariti dal menu, quelli più particolari e complessi e le porzioni sono molto più piccole.

E’ per questo che vi consiglio spassionatamente Genkai 2. Perché come ho sempre pensato, passare da un menu tipo di non meno di 50/60 € a persona a 19,90 € deve obbligatoriamente portare dei cambiamenti. E qui i cambiamenti si son visti, ma a mio parere sono modifiche che salvaguardano il consumatore. Il menu si è semplificato prediligendo i piatti più conosciuti ma anche più semplici da realizzare. Le porzioni sono cambiate, rimpicciolendosi. Anni fa se ordinavi un’insalata di alghe con polpo e aceto giapponese ti arrivava un delizioso antipastino da spizzicare in due, oggi la porzione si è ridotta a un quarto. Ma il gusto è lo stesso. E questo conta. Piccoli assaggini di sashimi, assaggi mignon di succulento pesce crudo, così come succulenti e mini sono gli spiedini di tonno o il salmone affumicato, (una ricetta che ha solamente il nome in comune con il salmone affumicato per come lo conosciamo noi) un pesce speziato e poi scottato da ambo i lati, che si scioglie in bocca.

Il cibo è ottimo, i camerieri di poche parole e abbastanza disponibili, i proprietari cordiali, i dintorni sono il quartiere Prati, a pochi passi da Piazza San Pietro e via Cola di Rienzo, nel pieno centro di Roma. Parcheggiare è difficile ma non impossibile, siamo vicini ma nel contempo non troppo al caos di Piazza Risorgimento.

La mia routine, tutte le volte che mi capita di andarci è diventata questa: mi siedo e chiedo di avere la salsa di soia “con tappo verde” quella nota per contenere meno sale e avere un sapore un poco più caratteristico di soia fermentata, ordino zenzero a parte (non mi basta mai, sono una vera e propria zenzero sott’aceto addicted). A voi invece, zenzero e mie manie a parte, consiglio di esplorare il menu, partendo dai classici come il sashimi, gli uramaky, (ottimo quello con salmone, tobiko [uova di pesce volante] e tabasco), i nigiri (interessante quello con pesce burro), per passare poi al delicato tempura di calamaro servito con salsa tentsuyu che regala la giusta sapidità e completa il piatto.

Non perdete l’occasione di sperimentare i già citati spiedini di tonno e, se l’appetito ve lo permette, ordinate un piatto di ramen, i caratteristici spaghetti in brodo con verdure, uova e carne. Ultima nota da segnalare i piatti cotti su piastra a vista (volendo potete anche mangiare direttamente al tavolo davanti alla piastra, per assistere allo spettacolo del cuoco specializzato che cucinerà per voi e davanti a voi soba (tagliatelle di grano saraceno) con carne o frutti di mare, udon o secondi di carne o pesce saltati sulla teppan (piastra).
In ultimo, non lesinate dall’ordinare dei dolci fuori menu (fisso). Avendoli provati praticamente tutti posso consigliarvi il gelato di sesamo e i ravioli con mela. Ottima poi, e consigliatissima, l’umeshu, una bevanda alla prugna che non fa rimpiangere le grappe nostrane.

E se seguirete il mio consiglio e andrete da Genkai 2, guardatevi in giro, perché molto probabilmente mi troverete seduta ad un tavolo, con chiunque di fronte a me, ma con gli occhi socchiusi mentre nella mia bocca si scioglie una noce di salmone crudo.


Ristorante Genkai 2
Via M. Bragadin, 80
00136 Roma
Sempre aperto
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